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Anno edizione: 2019
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Romana Petri torna a raccontarsi attraverso gli occhi di un altro «gigante» buono: il selvaggio Osac, un cane che, con la sua furia ribelle, sembra uscito da un libro di Jack London.
«La storia vera di un amour fou tra una giovane insegnante precaria e un cane lupo salvato dalla strada» – Il Messaggero
«Un libro straordinario in cui Romana Petri riesce a restituire la realtà della relazione cane-padrone dal punto di vista dell'animale» – Avvenire
«Buffo, tenero, a tratti surreale. Eppure verissimo.» – Corriere della Sera
Lei è una giovane insegnante alle prese con un lavoro precario, lui uno di quei cani portati a casa per compiacere un bambino subito dopo il rientro dalle vacanze e poi, l'anno successivo, buttato in strada con un collare d'acciaio che nel frattempo si è fatto un po' stretto. In una afosa giornata di settembre, una di quelle che aspettano una pioggia già in ritardo, i due si incontrano. Osac, il cane, è riverso a terra contro il marciapiede, più morto che vivo. Lei, la donna, sta per salire in macchina, ma quando lo nota, si ferma e decide di prenderlo con sé. Il loro incontro sembra scritto nel destino, ma Osac non è un cane come gli altri. Ingombrante, indisciplinato, scontroso e selvatico, è senza mezze misure e sembra arrivare direttamente dal selvaggio Klondike. Non è, tuttavia, un cane da slitta. È uno di quei cani indomabili che vivono sempre fuggiaschi, che sentono il «richiamo della foresta» e faticano a lasciarsi addomesticare. Il terrore dell'abbandono si è riversato nei suoi occhi, dandogli un'aria forsennata, infernale. Un animale primitivo che non riesce ad accettare interferenze nel rapporto esclusivo e assoluto che instaura con la sua salvatrice, amata in modo morboso, senza riserve. Fino a quando la notizia di una gravidanza inaspettata stravolgerà, nuovamente, la sua vita. Dopo aver dato voce alla figura del padre ne "Le serenate del Ciclone", Romana Petri torna a raccontarsi attraverso gli occhi di un altro «gigante» buono: il selvaggio Osac, un cane che, con la sua furia ribelle, sembra uscito da un libro di Jack London.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Libro soprattutto per gli amanti dei cani. Scrittura scorrevole. Si legge in fretta. In alcuni tratti emoziona e commuove.
Ho preso questo libro per partecipare al "gruppo di lettura day" del 01 dicembre 2017. Personalmente ho abbastanza apprezzato la storia fino alla nascita del "cittino", dopo di che la testardaggine e l'ignoranza della voce narrante (nonché autrice del libro) mi ha parecchio urtato per le scelte prese, decisioni in netta contrapposizione a ciò che era stato raccontato e detto fino a quel momento. Al Circolo di Lettura c'erano donne che avevano avuto figli e cani, solo figli, solo cani o nessuno dei due; la maggior parte di noi è stata d'accordo sul non aver apprezzato la trama del libro. E' scritto molto bene, la professionalità della Petri è tangibile, ed è stato anche l'unico motivo per il quale tutte noi siamo giunte alla fine del libro; ma la storia non ci ha preso mai del tutto, anzi una del gruppo ha addirittura solo sfogliato il romanzo. Non conosco il lavoro della Petri, ma credo di essere l'unica del Circolo che vorrebbe leggere un suo altro libro per poter valutarne le capacità. Qui si è vissuta un'autobiografia, con tutto ciò che questo comporta. Altra cosa su cui eravamo tutte concordi era il fatto che il filo conduttore di tutto il romanzo fosse che la voce narrante (perché il protagonista è chiaramente Osac) manifestasse la sua incapacità di prendere decisioni e si lasciasse travolgere dagli eventi. Come mai non ha provato ad addestrare Osac? Perché non si è informata sui vari metodi per far conoscere il bambino al cane? Ulteriore informazione che se ne ottiene è che la scrittrice ha amori totalizzanti e unici: prima il cane era tutti per lei, poi il "citto" e mai insieme. Anche con la Vedova è stata egoista portando Osac a casa e quindi togliendole l'amore che le stava dando fino al giorno prima. Personalmente mi chiedo: che scopo aveva questo libro? Qual'è il punto? Qual'è il messaggio che doveva arrivare? L'organizzatrice del Circolo ci ha letto un'intervista dove Romana Petri dice che avrebbe voluto scrivere tutto in linguaggio canino: forse lo avrei preferito, magari con traduzione a fronte, perché la parte più bella del libro per molte è stato il capitolo finale in "cagnese". Per il linguaggio forbito e la competenza lessicale è un libro che consiglierei, per la trama no. Buona lettura.
Il cane selvaggio e indomabile vale accettazione di una dimensione epica ed eroica della vita, come lo era stato il ciclone paterno di Romana Petri? Come rinuncia a questa dimensione, dopo la maternità agognata e vissuta con altrettanto selvaggio eroismo, e con drammatica partecipazione, così convinta e risoluta da consentire all'autrice di superare l'infatuazione per l'indomabile, fino a mutare i propri sentimenti, sostituendo con la propria l'animalità a questo punto troppo preponderante e dominante di Osac? Un transfert dell'amore paterno (per il padre, tradito, e per certi aspetti, forse, traditore)?
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