Napoli va osservata dall'alto. Pascale si traveste da drone e smonta tutti gli stereotipi, pure letterari, sulla città partenopea, se la prende con la filosofia di Bellavista e con la sua bizzarra galleria di personaggi. Il punto di riferimento per una nuova narrazione, depurata dai luoghi comuni, resta Massimo Troisi. Questo saggio è quasi una sorta di "Mare non bagna Napoli" contemporaneo che strizza l'occhio alla Serao e a La Capria e che a volte assume l'aspetto di un trattato antropologico. È un libro fa certamente riflettere. Ne va apprezzata l'ironia e la scrittura scorrevole ma efficace. In sostanza, Pascale ripensa la Napoli contemporanea per restituirla ai lettori senza folklore, fronzoli, luoghi comuni o stereotipi.
Non scendete a Napoli. Controguida appassionata della città
Esiste una città più raccontata di Napoli? Esiste una città altrettanto presente nell'immaginario collettivo, con il suo bagaglio di luoghi comuni secolari - e non sempre lusinghieri? Probabilmente no. Napoli la conosciamo tutti, e allora perché andarci, si domanda Antonio Pascale. Ma se proprio non si può resisterle, il suo consiglio è limitarsi a guardarla dall'alto della terrazza di Castel Sant'Elmo: tanto "Sotto di voi c'è tutta Napoli. Vedete tutto, ogni cosa. Il mare di fronte a voi e la speculazione edilizia dietro di voi." Giù in basso invece c'è "una palude in agguato, particolari sabbie mobili non segnalate e tutti, anche i più attenti, possono caderci." Ma Pascale sa che il visitatore si lascerà fatalmente vincere dalla tentazione di andare a guardare da vicino. Ecco che allora "Non scendete a Napoli" si offre, un po' controvoglia, di accompagnarlo in luoghi inusuali (un modernissimo garage scavato nel cuore di una grotta, il mercato ittico, la stazione marittima...), ma parla anche ai napoletani: attenti, perché chiediamo legalità e poi finiamo a comprare prodotti contraffatti che ingrassano la Camorra; attenti, perché a forza di sentirci eccezionali siamo rimasti ultimi e soli. In questo libro, mai indulgente ma sempre giocato sul filo del paradosso, dell'ironia, del rovesciamento, Antonio Pascale rivolge il suo odi et amo alla città in cui è nato. E nel momento in cui cerca di tenercene a distanza ci spinge a comprenderla a fondo e a guardarla in faccia.
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Autore:
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Collana:
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Anno edizione:2015
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GIANLUCA SPERA 21 novembre 2016
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