L'occhio rapace. Interventi critici
C'è, se non proprio un'affinità stilistica, un amore per poeti come la Dickinson e la Bishop e, in misura minore, Frost e Lowell; ma non mancano nemmeno punti di contatto con alcuni guizzi intuitivi di Cummings e certa visionarietà sudamericana. E nel momento in cui prende le distanze dal Williams più lirico Simic allude, arguto e sfrontato, a una qualche inconfessata amicizia: "Ars poetica: I ate the white chickens and left the red wheelbarrow out in the rain". Senza volerlo, il lettore italiano lo accosterà ai grandi slavi a lui familiari: Herbert, Milosz e, in particolare, la Szymborska. Accostamenti arbitrari, certo, ma non del tutto impropri, perché l'anima slava ha lasciato il segno anche qui: il marchio del profugo, dello scampato al grande mattatoio della storia, del bambino messo in castigo dietro la lavagna, che quasi senza accorgersene è felice della propria solitudine, della sua preziosa diversità. E così la vocazione al conformismo, la sciatteria che tutto banalizza, sono i nemici del suo cantare zingaro dagli ingredienti elementari e dal sentire affilato, divertito, perfetto come l'andare di un gatto.
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Anno edizione:2009
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In commercio dal:1 settembre 2009
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