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Anno edizione: 2012
Anno edizione: 2013
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L'autore del libro, scomparso di recente (2003), palestinese di origine ma naturalizzato americano, con questo studio ha chiarito i millenari rapporti che sono intercorsi tra l'Occidente e l'Oriente. Chiarendo cosa si intende per “orientalismo”, ha messo in luce un campo di studi sterminato, molto in voga presso gli occidentali ormai da circa due secoli, con cui essi hanno cercato di conoscere e chiarire l'identità culturale, politica e istituzionale di un'entità tanto generica quanto vaga chiamata Oriente (dal Medio all'Estremo Oriente). Come si spiega che non esistono e non sono mai esistite dall'altra parte del mondo istituzioni simili aventi come oggetto di studio la cultura e la storia europee? Said allora chiarisce che nell'Ottocento prima gli inglesi, poi i francesi, hanno avuto bisogno di conoscere l'Oriente per dominarlo con la forza. Ma a causa della sua immensa varietà (si tratta di un immenso continente, congerie di popoli, lingue, religioni e culture) e all'irridicubilità di esso agli schemi di conoscenza noti agli europei, questi ultimi hanno "orientalizzato" l'Oriente, cioè lo hanno reso in qualche modo familiare, attribuendogli tratti culturali e comportamentali devianti rispetto ai nostri e soprattutto similari tra tutte le popolazioni ivi residenti. Ecco che il saggio appare a tratti illuminante e stupefacente nel suo tentativo argomentato di far cadere a uno a uno vecchi pregiudizi, spiegandone l'origine storica e/o culturale. Due esempi tra i più riusciti, a mio parere, sono: quello sull'origine del termine “maomettano” e quello del giudizio che Karl Marx espresse in merito alla colonizzazione britannica dell'India. Ma si possono pure citare l'origine dell'egittologia ad opera dei collaboratori di Napoleone, la Divina Commedia (ancora sulla figura di Maometto), l'orientalismo francese degli autori esotici e misogini del XIX secolo, quali Flaubert Maupassant Chateaubriand Nerval, e molti altri esempi. Tuttavia, non si tratta solamente di un libro a tesi che prende in esame singoli squarci di civiltà per analizzarne cosa ci fu di buono e cosa di cattivo. La prospettiva non è “semplicisticamente” comparata, poiché si tratta di uno studio di ampio respiro, documentato e scientifico, tanto nelle fonti specifiche quanto in quelle più squisitamente letterarie. L'argomentazione è fluida e narrativa, condita con dati ed elementi a volte noti altre meno. Un libro da conoscere per sapere, un libro che rovescia la prospettiva di studio e l'approccio conoscitivo che involontariamente nutriamo da sempre, abituati come siamo a dominare con la forza. Una nota di merito quindi va all'autore, il quale (leggasi l'introduzione) sfruttando il suo punto d'osservazione "privilegiato" - un palestinese conscio dei problemi del suo popolo che insegna in una prestigiosa università americana - ci ha dato uno dei meno rassicuranti studi sull'argomento. Ormai un classico.
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