Il padre sulle spalle. Debolezza del patriarcato in letteratura - Giorgio Ficara - copertina
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Letteratura: Italia
Il padre sulle spalle. Debolezza del patriarcato in letteratura
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Descrizione

«Leopardi? Sì, Monaldo. Proust? Adrien, prima di Marcel. Kafka? Non Franz, ma Hermann. Giorgio Ficara rintraccia i debiti esistenziali - complicati, spesso dolorosi - degli autori.» - Alessandro Piperno, La Lettura


Le varie specie delittuose o nevrotiche dei padri letterari sono tutte rintracciabili e vagliabili. Ma colpisce una ricorrenza contraria, nel nostro stesso canone: questo «padre forte» è spesso alla prova e quasi allo specchio di un altro padre, appena sfocato e malinconico, essenzialmente indeciso: nuovo padre possibile, interprete debole, discontinuo, della legge paterna e talvolta bloccato a metà strada tra un primordiale esperimento di dolcezza e, al contrario, l’incremento patrilineare dei valori e degli obblighi maschili del profitto, della gloria marziale, della forza. Quando muore Anchise, invece di piangere, Enea protesta: come può un padre andarsene, di punto in bianco, lasciando il «caro figlio» solo, sulla terra? Il peso portato da Enea sulle spalle, tra mille peripezie, era in effetti, dice Virgilio, levamen, cioè sollievo, e la sua improvvisa sottrazione è una pena troppo severa, anche per un eroe. In questo libro, benché la «legge del padre», cioè la forza e l'arbitrio del dominio maschile, goda tutt'oggi discreta salute, compaiono i casi contrari di padri che hanno perduto, o sono sul punto di perdere, quota patriarcale. Accanto a quelli spaventosi e fraudolenti, come il principe padre (a cui, scrive Manzoni, «non regge il cuore di dare il titolo di padre»), troviamo padri perplessi o deboli o magari sentimentali: Ettore, guerriero "massacratore" che alle porte Scee, per un istante, è colpito dalla grazia e dal sogno di una nuova vita. Monaldo Leopardi, creduto retrogrado e piccolo, invece benigno e attento a Giacomo come una vecchia balia. Carlo Sbarbaro, con il suo «cuore fanciullo»: il migliore «tra tutti quanti gli uomini»... Alcuni padri letterari, per ragioni diverse, si sono dileguati, altri sono morti lasciando i figli soli, ma assolutamente liberi. E guardando ai trovatelli piú in vista del romanzo occidentale, tutti meno malinconici di Enea, da Lazarillo a Tom Jones a Tom Sawyer, si direbbe innanzitutto che l'assenza paterna sia stata, per loro, piú che vantaggiosa. Naturalmente, sopra tutti i padri, anzi unico Padre, è «quello che è nei cieli» (Matteo 23, 9). Un Padre che tuona e detta la legge, nel tempo mitico dei profeti. Poi misericordioso e "materno", secondo l'evangelista Luca. Padre fuggito via, un certo giorno, come Zeus, Era ed Efesto, lasciando quel cielo vuoto che spaventava Pascal. Padre silenzioso, perlomeno, cui non sarà sconveniente porre la domanda sottile e innocente di Karl Rahner: «Perché taci, e perché vuoi che ti parli se poi sembra che tu non mi ascolti?».

Dettagli

3 giugno 2025
208 p., Brossura
9788806267346

Conosci l'autore

Foto di Giorgio Ficara

Giorgio Ficara

1952, Torino

È professore ordinario di Letteratura italiana all'Università di Torino. Ha insegnato negli Stati Uniti alla Stanford University, alla UCLA e alla University of Chicago; a Parigi alla Sorbona. Tra i suoi libri: Solitudini. Studi sulla letteratura italiana dal Duecento al Novecento (Garzanti, 1993); Il punto di vista della natura. Saggio su Leopardi (Il Melangolo, 1996), Stile Novecento (Marsilio, 2007), per Einaudi Casanova e la malinconia (Saggi, 1999) e Riviera (Frontiere, 2010) e per Archinto Riviera (2019). Ha vinto nel 1984 il Premio per la Saggistica dell'Accademia Nazionale dei Lincei e nel 2010 il Premio Cardarelli per la Critica Letteraria. Collabora a «La Stampa». È direttore della Fondazione De Sanctis.

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