Poesie - Czeslaw Milosz - copertina
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Letteratura: Polonia
Poesie
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Descrizione


«Non ho alcuna esitazione nell’affermare che Czesław Miłosz è uno dei più grandi poeti del nostro tempo e forse il più grande» scriveva qualche anno fa un altro poeta, Iosif Brodskij. Poi giunse, nel 1980, il premio Nobel – e molti lettori in tutto il mondo cominciarono a scoprire l’opera complessa e intensa di questo scrittore, che da anni si trovava nella paradossale condizione di essere circondato da persone che non leggevano la sua lingua, mentre i suoi libri erano proibiti a coloro che la leggevano. Nato in Lituania nel 1911, esule dalla Polonia sin dal 1951, Miłosz «ha ricevuto quella che si potrebbe definire l’educazione standard dei paesi dell’Europa orientale, che ha incluso, fra l’altro, l’esperienza del cosiddetto Olocausto, già da lui profetizzata nelle liriche della seconda metà degli Anni Trenta». E «la sua terra, dopo essere stata devastata fisicamente, gli venne sottratta e distrutta spiritualmente» (Brodskij). Questo poeta metafisico, in perpetua complicità con l’invisibile, è stato costretto dalla storia a vivere l’invisibile innanzitutto nella sua forma più letterale e più ossessiva: come ressa dei morti e delle cose scomparse. Il poeta è qui sempre il sopravvissuto, che si mormora un verso sobrio e terribile. «E il cuore non muore quando sembra che dovrebbe». Quei morti sono subito «lontani come l’imperatore Valentiniano, / come i condottieri dei Massageti, di cui non si sa nulla», eppure tendono a riapparire, seduti a un caffè familiare, e guardano il sopravvissuto, «scoppiando a ridere». Che il passato sia connesso a una devastazione totale dà alla memoria, in Miłosz, una dimensione di conquista dell’immagine sul fondo del vuoto. Per questo ogni oggetto, ogni nome, ogni albero da lui nominato hanno una tale evidenza, lacerata ed estatica. Essi si pongono tutti vicino a quella «frontiera mobile / Oltre la quale colore e suono si compiono / E sono congiunte le cose di questa terra». Quella frontiera ci separa da una terra visionaria: Blake e Swedenborg ne hanno dato notizia, e la loro voce risuona in Miłosz. Nel suo verso spesso vibrano insieme una «vastità cosmica della visione» (per lui il primo criterio della grande poesia) e la pura attenzione, insegnata da Simone Weil. Allora, sottintesi tutti i naufragi, il poeta torna a essere «uno dei tanti / Mercanti e artigiani dell’Impero del Giappone / Che componevano versi sui ciliegi in fiore, / I crisantemi e la luna piena».

Dettagli

1996
11 giugno 1996
202 p.
9788845905216

Valutazioni e recensioni

  • Castiglione Mar

    Purtroppo la delusione è stata enorme. Ho terminato queste poesie quasi a fatica. Ne salvo giusto qualcuna, le altre non sembravano affatto poesie: versi chilometrici, molto macchinosi e farraginosi, senza ritmo, senza musicalità, senza figure retoriche. La poesie, a mio avviso, è soprattutto esaltazione della lingua, è una voluttà delle parole, ma qui era tutto troppo prosaico, e dubito che sia tutto da imputare a una errata traduzione. Un genere poetico che proprio non mi convince, quello del Nobel Czes?aw Mi?osz

Conosci l'autore

Foto di Czeslaw Milosz

Czeslaw Milosz

1911, Šeteniai

Scrittore polacco. Dopo essere stato addetto culturale all'ambasciata polacca a Washington e a Parigi nel 1951, chiese asilo politico in Francia. Trasferitosi negli Stati Uniti, ha insegnato letteratura polacca a Berkeley. Nel 1980 ha ottenuto il Premio Nobel per la Letteratura. Tra le opere, le raccolte "Poema del tempo impietrito" (1933) e "Tre inverni" (1936), "Salvezza" (1946), che raccoglie tutta la produzione del periodo di guerra, "Luce del giorno " (1953), "Città senza nome" (1969), "Dove sorge e dove tramonta il sole" (1974). Ha scritto anche un romanzo, "La presa del potere" (1953) e alcuni saggi tra cui "La mente prigioniera" (1953), "Europa familiare" (1959), "Visioni sulla baia di San Francisco" (1969), "L'immortalità dell'arte" (1979).Da: "Enciclopedia della Letteratura",...

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