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Anno edizione: 2010
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Veramente molto truce, certe descrizioni particolareggiate sembrano proprio messe lì solo per disturbare; e la storia, parecchio dispersiva per come viene raccontata, non ha né capo né coda.
L’ultima estate di innocenza di Patrick Fogli si rivela una lettura pretenziosa quanto insopportabile. Apparentemente ponderoso (572 pagine), il testo in realtà è frammentato in capoversi di poche parole in modo arbitrario, privo di funzionalità rispetto al ritmo narrativo. Il periodare ricorre ad anacoluti, o mere sciatterie sintattico-grammaticali, con risultati involontariamente comici. Rende arduo appassionarsi alla storia un’incredibile ridondanza di metafore e similitudini, quasi in ogni pagina, nella ricerca di effetti iperbolici e sbalorditivi, bislacchi ed irritanti. Il tutto condito da vezzi semantici (le porte non vengono chiuse, bensì sigillate; si ascolta il ticchettare di pomodoro, lacrime, sudore e sangue, mentre i tacchi femminili tintinnano) e da meraviglie dell’impossibile (una stanza chiusa da tutti i lati, il personaggio che si siede sul corpo dell’altro piantandogli un ginocchio nello stomaco). Il linguaggio usato è sempre identico, indipendentemente dal personaggio dal cui punto di vista si svolge la narrazione: quindi l’intenzione vivacizzante dell’alternarsi di voci narranti, in prima e terza persona, rimane artificiosa. Non da meno sono gli elementi di alienante confusione sul piano dei contenuti. Un quotidiano datato 1 settembre 2006 accenna all’assassinio di Sara Parmeggiani di dieci giorni prima, mentre sappiamo che esso risale al 21 agosto 2004: e vengono attentamente esaminati i tabulati delle telefonate della stessa Parmeggiani a partire dal Settembre 2004 e tutti i mesi successivi sino alla sua morte. Secondo un brillante ispettore di polizia 110 cd, contando dalle 1000 alle 1500 foto ciascuno, contengono 200.000 foto. Il Commissario Marra è in grado di individuare il genere femminile non solo nei nomi, ma persino nei cognomi. E la macchina fotografica di Nicola Zanardi riesce persino a fissare sul fotogramma l’immagine del busto del povero Abdel che corre incontro all’onda d’urto. Che altro dire?
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