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Libro su cui nutrivo grandi aspettative. Se si è a digiuno di qualsiasi percorso di crescita personale può essere di spunto altrimenti l’ho trovato estremamente ovvio e scontato. Peccato
Giacomo Leopardi, in una sua densissima e pur pessimistica pagina, notò che “i fanciulli trovano il tutto nel nulla”, e “gli uomini il nulla nel tutto” (Zibaldone, n. 527, 19 gennaio 1821), con sintesi efficace di quel progressivo disincanto del bambino, che, nel diventare adulto, smarrisce la spontanea meraviglia del mondo, dimenticando la genuinità delle relazioni con le cose e con gli altri. Il disincanto della maturità è quindi spesso causa di impoverimento e perdita, fonte di distruttività, di disagio esistenziale e di degrado, problema e, non raramente, dramma per il singolo e per la stessa società. In questo recentissimo e prezioso volume Vittorio Cei, psichiatra e psicoterapeuta di grande esperienza nonché presidente dell’Associazione Italiana per la Creatività, suggerisce ad una società di adulti le strade per poter recuperare la fanciullesca profondità delle relazioni, per riappropriarsi della “creatività” umana intesa nel senso più ampio, e non limitata alle sole espressioni artistiche, perché esiste una più generale “arte della vita” che non coincide necessariamente con “le arti” materiali e visive. Il libro offre una panoramica delle tecniche utilizzabili per sbloccare la creatività sopita in ciascuno, a partire dalla respirazione e dal rilassamento creativi, fino alla gestione creativa delle emozioni anche spiacevoli, e alle tecniche per la “ricerca di alternative”. Ci insegna quindi a nuovamente “vedere” e a “rispondere”, a “vivificare” tutto ciò che senza il nostro più profondo afflato sarebbe vuoto e morto. Infine, opportunamente, illustra quale potrebbe essere il ruolo della nuova figura professionale del Personal Creativity Trainer, destinata appunto, per le sue qualità di onestà, umiltà ed entusiasmo, ad aiutare gli “ex creativi” nel percorso di riappropriazione. Se l’uomo è il “problema” la soluzione non può che essere l’uomo, ma, evidentemente, un uomo che, se necessario, deve sapere rinunciare alla ragione e al calcolo.
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