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Il libro è un variegato affresco di una società ottocentesca piena di contraddizioni. Se da un lato il progresso e la tecnologia si stanno lentamente facendo strada nella vita delle persone, dall’altro superstizioni e falsi moralismi dilagano. Si tratta di una società fondamentalmente ancora chiusa, che lascia poco spazio alla libertà. Una società in cui non procreare è peccato. Soprattutto, leggendo il romanzo di Kate Manning, ci troviamo di fronte alla storia di una donna che, prima di tutto, è stata una bambina determinata a costruirsi il suo futuro, incapace di lasciare la sua vita nelle mani di altri. Una bambina che si ritrova presto a avere tra le sue di mani la vita di altre donne come lei. “Una levatrice a New York” è, in realtà, la storia di numerose ostetriche che, in quel periodo, si ritrovarono a vivere un’esistenza fatta di gloria e di danneggianti cadute. Una vita in perenne bilico tra domande senza risposta e enigmi morali che avevano il potere di trasformarsi in lunghe, a volte letali, condanne.
Uno dei libri più belli che abbia mai letto, scritto benissimo e che si divora davvero in poco. L'autrice, che non conoscevo, mi ha stupita non solo per la storia in sé, ma anche e soprattutto per la sua bravura. La protagonista è una levatrice della New York del secolo scorso, una professione particolare, spesso osteggiata e discussa, eppure fondamentale. Un libro che mette in discussione tante idee personali e sociali, che consiglio vivamente
Un'opera scritta benissimo, molto intensa e molto precisa sul piano storico. La protagonista è realmente esistita, anche se sono parecchie le concessioni narrative in quanto non siamo davanti ad una biografia, ma ad un romanzo. Si parla della condizione della donna, della maternità obbligata e dell'aborto, ma anche della condizione generale della società newyorchese durante i primi anni del secolo scorso. Un libro consigliato a chi non ha pregiudizi morali, altrimenti la lettura viene completamente condizionata.
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