Il filosofo (e matematico, e mistico) russo Florenskij tratta qui le prospettive «non classiche» che si possono vedere nell'arte delle icone russe e bizantine. L'autore paragona la prospettiva rinascimentale «classica» con quella diversa delle icone; vi si adopera un'inversione di «punti di fuga» che spiega la predominanza dei volti e corpi, il mondo sviluppato intorno ai personaggi centrali nelle icone. L'autore anche studia l'idea di molti altri possibili sistemi di prospettiva, uno per ogni biiezione fra il plano e lo spazio (i lavori di Cantor erano ben noti dall'autore; fa menzione di molte possibilità non-standard di prospettiva).
La prospettiva rovesciata
A un primo sguardo, molte delle piu` significative icone russe del XIV e XV secolo sembrano viziate da assurde incongruenze, violazioni inspiegabili del canone prospettico e della conseguente ‘unita`’ della rappresentazione: edifici di cui vengono raffigurati insieme la facciata e i muri laterali; libri (i Vangeli) di cui si scorgono tre o addirittura tutte e quattro le coste; volti con «superfici del naso e di altre parti» che non dovrebbero vedersi; e, a sintesi di tutto, un policentrismo che fa coesistere «piani dorsali e frontali». Eppure, simili icone ‘difettose’ – fondate proprio sull’eresia di prospettive «rovesciate» – risultano infinitamente piu` creative ed espressive rispetto ad altre piu` corrette, ma inerti. Come mostra Pavel Florenskij in questa perorazione fiammeggiante – con un excursus storico che si estende dalle scenografie del teatro tragico greco ai vertici della pittura rinascimentale e oltre –, quelle violazioni, lungi dal dipendere da una « grossolana imperizia nel disegno», sono «estremamente premeditate e consapevoli». Di piu`: riassumono una ribellione, cognitiva prima che estetica, alla stessa egemonia della rappresentazione prospettica e alla sua presunzione di detenere «l’autentica “parola del mondo”». Ne deriva una sorta di invettiva, in cui il regesto delle carenze della prospettiva lineare e della visione del mondo che la presuppone si traduce, «a contrario», in quello dei caratteri richiesti dall’«arte pura»: la sola che ci permetta di accedere – come le dorate «porte regali» dell’iconostasi – all’«essenza delle cose» e alla «verita` dell’essere».
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avn 06 gennaio 2025Forse il titolo più classico di Florenskij
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