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Anno edizione: 2021
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Caterina Soffici ha uno stile netto che rappresenta la realtà con tratti decisi. La sua scrittura è molto fluida e soprattutto coinvolgente. Mi è piaciuto molto il fatto che all'inizio la narrazione è al presente per immergere subito il lettore nel tempo della storia. L'inizio è per giunta uno sguardo sul finale che si comprende appieno solo arrivando alle ultime pagine, quando si ha la sensazione di una storia senza fine, un cerchio che si chiude, e ti ritrovi come nell'occhio del ciclone. Dove tu puoi star fermo e tutto intorno a te gira. La storia affascina per le diverse sfaccettature dei personaggi e perché il finale è aperto, ogni lettore può farsi la sua idea su quale sarà la sorte di Olivia dopo la morte di Clotilde. La donna può restare nel circolo vizioso della vita nobiliare a Villa del Grifo o riuscire a scappare da quell'ambiente, magari sospinta da una voluta del ciclone più forte. In più punti l'autrice inserisce frasi al presente per riportare i pensieri delle protagoniste, come fossero in presa diretta. Infatti la Soffici si eclissa dietro le parole e sembra di assistere a scene di vita familiare dall'interno, stando a Villa del Grifo. Così si comprende quanto la bellezza e il lusso possano condizionarti e incatenarti. Così si scoprono le brutture e i malesseri che Clotilde ha vissuto. Così si scopre che dietro l'immagine di contessa algida e severa, si celano le fragilità e i sentimenti di una donna. Si sente a pelle il disagio della contessa e la voglia di Olivia di una vita normale. Spicca l'affetto che la domestica Anita nutre per la ragazza in contrasto al distacco di Clotilde che al principio non riesce ad amarla. Si delineano a poco a poco le somiglianze fra Clotilde e sua figlia: entrambe stanno bene solo allontanandosi dalla villa, vorrebbero lasciarla per sempre, vorrebbero cavarsela da sole, non riescono a dimostrarsi affetto. Eppure ci sono dei punti in cui la maschera cade, in particolare mi ha colpito il modo in cui Clotilde comincia ad amare sua figlia e alla fine il modo in cui Olivia tratta la madre dimostrando affetto. Mi preme dire che questa è una storia di abusi sulle donne che lasciano il segno nell'arco di una vita e fra gli eventi futili quotidiani. L'autrice è stata eccelsa nel ritrarre ogni aspetto per dare un quadro completo dove quei segni colpiscono con le loro ripercussioni psicologiche. Un profumo, un gesto, un suono destano la paura inculcata goccia a goccia con soprusi e percosse. Con effetti che si tramandano di generazione in generazione. Al riguardo merita una nota particolare un paragrafo verso la fine, narrato in prima persona. In questo modo l'autrice si distacca dall'uomo e dai suoi pensieri e, non interponendo filtri, dimostra la nocività di un'indole orribile e brutale togliendo il velo di stereotipi con cui purtroppo si ammanta nella realtà fino a giustificare i femminicidi. Non si può dire che sia un'interpretazione, è la vera natura di chi compie simili abusi e delitti. Per concludere, secondo me la storia è una metafora del viaggio che si fa per avere nuovi occhi, per citare Marcel Proust. Consiglio la lettura di questo libro perché è una storia cruda per guardare dritto in faccia le brutture degli abusi e scorgere il potere degli affetti sinceri che possono illuminare la nostra vita.
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