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1999 - David di Donatello - Miglior attore - Accorsi Stefano
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Non è solo un film per chi ama Liga. Di certo, chi ha letto la raccolta di racconti “fuori e dentro il borgo” ritroverà, mescolate tra le vicende di freccia, i tanti personaggi. Il film mostra tutti i pregi ed i difetti di un’opera prima soprattutto perché evidente che chi si è cimentato con la regia fa un altro mestiere, ma ha saputo inserire tratti di originalità. È evidente quanto Ligabue sia egli stesso in primis un appassionato di cinema, perché ha sfruttato, citato e ricalcato trucchi da maestri ben più blasonati di lui. La storia è semplice ma coinvolgente, godibilissima.
Si potrebbe banalmente dire che la storia di Freccia, il protagonista del film, si articoli attorno al concetto di “buco”: quello della sua tossicodipendenza, ma soprattutto quello della sua anima, che lentamente finisce per diventare una voragine, in grado di inghiottire sogni e speranze di una provincia in cerca di riscatto. La narrazione è fluida, lucida e puntuale, evita di cadere nella retorica della sconfitta sociale e lascia - saggiamente aggiungerei - decidere allo spettatore se ci sia o meno possibilità di redenzione. Senza dubbio alcuno coinvolgente, ma dal finale forse troppo prevedibile.
Non poteva riuscire meglio l'esordio alla regia di Luciano Ligabue. Il titolo del film è il nome di una radio libera dedicato a Freccia, un ragazzo dalla vita travagliata e alla fine tossicodipendente, interpretato da un giovane e bravo Stefano Accorsi. La storia narra - talora sulle note di grandi successi musicali - le vicissitudini di una comitiva di amici. Luoghi di vita per questi ragazzi sono il bar, la radio, il borgo. Decisivo per il destino di Freccia quel sentimento chiamato amore, che dapprima lo porta a sprofondare nella droga, poi gli consente di risollevarsi e infine lo affossa definitivamente.
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