Ragazzi di vita è un romanzo che si svolge nella Roma del dopoguerra, una Roma che non sembra nemmeno assomigliare a quella che conosciamo oggi. I personaggi che prendono parte alle vicende sono ragazzini che vivono nelle borgate e che passano la maggior parte del loro tempo per strada, vivendo alla giornata, combinando guai, rubando e facendo scherzi. Il romanzo segue il gruppo di ragazzi per cinque o sei anni nel periodo in cui il sottoproletariato viveva in condizioni di miseria, per cui i ragazzi sono lasciati a se stessi, fanno i delinquenti e anche se sono soltanto dei bambini, giocano a fare gli adulti. Spesso sono orfani e altre volte hanno semplicemente delle famiglie assenti, per cui non hanno alcuna guida che possa mettere freno alle loro bravate. Queste atmosfere mi ricordano molto quelle dei romanzi picareschi spagnoli, tipici del Siglo de Oro, genere utilizzato per criticare il degrado della Spagna Imperiale, in cui il protagonista è un giovinetto che non ha i genitori e vive le sue giornate come un delinquente che si fa beffe di chi incontra per ottenere da mangiare o qualche moneta. Una cosa che ho apprezzato tanto è l’attenzione particolare di Pasolini per il lessico utilizzato, poiché ha realizzato dei dialoghi con un lessico talmente realistico che, spesso, ho avuto la sensazione di essere per strada davanti ai personaggi, ad ascoltare i loro discorsi. Leggendo tutte le descrizioni presenti nel romanzo, è facile capire che Pasolini avesse assistito in prima persona ad eventi simili a quelli che ha raccontato e ciò mostra tutto l’impegno e l’interesse che aveva nel raccontare di personaggi che comunemente nella letteratura e nella storia non hanno mai una posizione rilevante, ma sono spesso un contorno. Probabilmente l’autore era convinto che questi ragazzi un po’ delinquenti, fossero più autentici e interessanti dei giovani borghesi che, invece, riteneva piatti e vuoti.
Ragazzi di vita
Questo romanzo – giunto ormai alla ottava edizione – è la biografia, storia aspra e violenta, di alcuni ragazzi della malavita romana, dall'infanzia alla prima giovinezza. Il Riccetto, che è il protagonista, aveva undici anni all'arrivo delle truppe anglo-americane a Roma, e ne ha diciotto alla fine del libro, in piena guerra di Corea. L'ambiente «vero» (le borgate romane, che fasciano la capitale coi loro lotti, i loro villaggi di tuguri), i personaggi «veri», quasi da documentario sociale, le situazioni «vere», fino a sembrar tolte, come in parte lo sono, dalla cronaca romana, potrebbero far pensare a questa biografia del Riccetto e dei suoi coetanei, come a un prodotto del gusto neorealistico: mentre non è precisamente così. C'è troppa violenza perché si possa parlare di neorealismo. L'autore, nel creare questo genere di racconto, ha avuto piuttosto davanti a sé dei modelli più autentici e assoluti, dalla novellistica antica italiana al romanzo picaresco… Ma, nonostante l'abilità e la complessità dello stile, non c'è aria di letteratura in queste pagine: l'estrema attualità del documento – che è documento dell'Italia ultimissima, quella della fine del dopoguerra – è troppo determinante, e implica una passione e una pietà ben altro che letterarie. Inoltre il romanzo è scritto tutto in chiave d'avventura: proprio com'è la vita delle borgate romane, in cui il vizio e l'abbandono si esprimono nelle allegre frasi del gergo, le malattie, i digiuni e la morte hanno allegri commenti di stracci sventolanti, di canzonette e di sole.
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Autore:
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Edizione:2
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Anno edizione:2022
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Denny1416 27 giugno 2022Il romanzo picaresco italiano
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