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Ragazzi di vita è un romanzo che si svolge nella Roma del dopoguerra, una Roma che non sembra nemmeno assomigliare a quella che conosciamo oggi. I personaggi che prendono parte alle vicende sono ragazzini che vivono nelle borgate e che passano la maggior parte del loro tempo per strada, vivendo alla giornata, combinando guai, rubando e facendo scherzi. Il romanzo segue il gruppo di ragazzi per cinque o sei anni nel periodo in cui il sottoproletariato viveva in condizioni di miseria, per cui i ragazzi sono lasciati a se stessi, fanno i delinquenti e anche se sono soltanto dei bambini, giocano a fare gli adulti. Spesso sono orfani e altre volte hanno semplicemente delle famiglie assenti, per cui non hanno alcuna guida che possa mettere freno alle loro bravate. Queste atmosfere mi ricordano molto quelle dei romanzi picareschi spagnoli, tipici del Siglo de Oro, genere utilizzato per criticare il degrado della Spagna Imperiale, in cui il protagonista è un giovinetto che non ha i genitori e vive le sue giornate come un delinquente che si fa beffe di chi incontra per ottenere da mangiare o qualche moneta. Una cosa che ho apprezzato tanto è l’attenzione particolare di Pasolini per il lessico utilizzato, poiché ha realizzato dei dialoghi con un lessico talmente realistico che, spesso, ho avuto la sensazione di essere per strada davanti ai personaggi, ad ascoltare i loro discorsi. Leggendo tutte le descrizioni presenti nel romanzo, è facile capire che Pasolini avesse assistito in prima persona ad eventi simili a quelli che ha raccontato e ciò mostra tutto l’impegno e l’interesse che aveva nel raccontare di personaggi che comunemente nella letteratura e nella storia non hanno mai una posizione rilevante, ma sono spesso un contorno. Probabilmente l’autore era convinto che questi ragazzi un po’ delinquenti, fossero più autentici e interessanti dei giovani borghesi che, invece, riteneva piatti e vuoti.
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