La storia romanzata di come santa Rosalia sia diventata la lattina di Palermo. Un libro che parla di amicizia, fede e traduzione.
La Santuzza è una rosa
A 400 anni circa dalla peste del 1624, un romanzo vivacissimo e pieno di ironia, dove Palermo diventa il centro di macchinazioni ordite da Nord a Sud, da Anversa a Roma, e dove si mescolano spiritualità, peste, potere, politica. E l’arte di Van Dyck, Rubens e Sofonisba Anguissola.
«Un romanzo ricco di ironia nel quale Palermo è il baricentro di macchinazioni ordite da Anversa a Roma.» - la Repubblica
Viciuzza e Rosalia si conoscono nei vicoli di Palermo eppure, nonostante la miseria che le circonda, quando scherzano e si confidano si spande attorno a loro un profumo intenso di rosa. Perché Rosalia non è solo una coetanea di Viciuzza, una ragazzina povera quanto lei, ma è la Santuzza che il popolo invoca nel bisogno. Viciuzza non ha una madre che le voglia bene e se sul suo piatto arriva qualche fava da farci una purea è grazia ricevuta, ma ha un candore che le privazioni non possono intaccare e che le vale il soprannome di “Babbasuna”. L’incontro con santa Rosalia nel 1614 intreccia un’amicizia che durerà tutta una vita. Intanto il gesuita padre Cascini, ignaro di questo legame speciale, è impegnato nell’“ideuzza” di dotare santa Rosalia di una genealogia illustre che la faccia discendere da Carlo Magno, per renderla accetta alla nobiltà e all’alto clero. E scomoda per la sua iconografia nientemeno che il fiammingo van Dyck. Fra spie vaticane e le ombre della Riforma protestante, è proprio questo gesuita malandato ma tenace a salvare Viciuzza dalla strada, con l’aiuto delle sue impareggiabili aiutanti, le suore Mano destra e Mano sinistra, e a trovarle sistemazione presso la grande pittrice Sofonisba Anguissola. Nel 1624, quando sopra Palermo si abbatte la peste con il suo fetore insopportabile, di santi – anzi, di sante patrone – ce ne sono ben quattro, ma nessuna sembra godere della fiducia del popolo. Solo la Santuzza può compiere il miracolo più grande e mettere in salvo la città e i suoi abitanti. Ed ecco che l’“ideuzza” di padre Cascini finalmente prende forma, con l’aiuto di una Viciuzza ormai più matura e consapevole. Giuseppina Torregrossa scrive un romanzo vivacissimo e pieno di ironia, dove Palermo è il centro di macchinazioni ordite da Nord a Sud, da Anversa a Roma, fra spiritualità, amicizie, arte e potere.
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Anno edizione:2023
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Manu95 06 febbraio 2025W Santa Rosalia
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FabPet 17 gennaio 2024Non la solita Torregrossa
Storia della beatificazione di Santa Rosalia e della sua elevazione a patrona di Palermo. Interessante dal punto di vista storico, ma non di facile lettura specie nella prima parte, un po’ confusa nella esposizione di personaggi e luoghi e situazioni. L’interesse cresce nella seconda parte che descrive molto bene lo scenario storico. La conclusione in un paio di brevi capitoli (dei quali l’ultimo essenzialmente descrittivo della processione) è davvero frettolosa. Questa scrittrice sa fare e ha fatto cose migliori.
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Lo 15 gennaio 2024amicizia
Il romanzo nasce da un viaggio dell’autrice a New York dove scopre che al Metropolitan è esposto un quadro di Anton Van Dick " Santa Rosalia che intercede per la fine della peste". Nel racconto sono molteplici i fatti storici, il Regno di Sicilia è dominato dagli spagnoli, la Riforma protestante si espandeva dalla Germania e nel 1625 la peste che mette in ginocchio Palermo. Nel 1614, Viciuzza soprannominata “Babbasuna” una sera incontra nei vicoli di Palermo una sua coetanea, Rosalia, la Santuzza dal profumo di rosa e con la quale intraprende una intensa amicizia. Nel frattempo nel gesuita Don Cascini cresceva sempre più l’idea di promuovere Rosalia come patrona della città anche se ce ne erano ben quattro. Viciuzza, di madre prostituta e padre sconosciuto una sera subisce uno stupro e sarà proprio Rosalia ad aiutarla nel far nascere la figlia Liuzza. Cacciata di casa dalla madre e solo con l’aiuto di padre Cascini dal Convento delle Repentite viene sistemata nella casa della pittrice Sofonisba Anguissola. E’ sempre lui che nel corso dei suoi viaggi in Europa conosce Rubens ed il suo allievo Anton Van Dick che invita a Palermo con la scusa di fare un ritratto al vicerè Emanuele Filiberto ma con l’intenzione di ordinargli un quadro con l’effigie di Santa Rosalia. In questo romanzo troviamo sperse, zitelle, signore e serve che marciano e sodalizzano tra di loro in una unica voce “Rosalia, Rosalia, libertà e santità” ed una Rosalia libera e che ha vissuto come voleva. L’autrice nella postfazione dice <<…. se vi è piaciuto il racconto, allora è merito di Santa Rosalia; se al contrario vi siete annoiati, allora è colpa delle circostanze avverse>>.
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