Nei romanzi del commissario Bordelli il piano temporale della memoria è altrettanto significativo e portante di quello dell’indagine in svolgimento. Si può dire che Marco Vichi porti avanti contemporaneamente due racconti: uno rientra nel genere poliziesco, si svolge negli anni ‘60 e riguarda la vita quotidiana di un commissario cinquantenne che ostinatamente persegue un concetto della giustizia non sempre coincidente con i protocolli giudiziari; l’altro è composto da storie di guerra, e ripercorre l’esperienza passata del giovane Bordelli e dei suoi compagni tra fascisti, tedeschi e partigiani, in un teatro di azioni e sentimenti contrastanti, che acquistano una valenza profetica nel rispecchiamento di un confuso e infelice presente. Lo svolgersi delle indagini permette a Vichi di approfondire le descrizioni d’ambiente e le psicologie dei personaggi, secondo la lezione di Simenon, rivisitata da un’impertinenza fiorentina che attribuisce al protagonista un’assoluta libertà di pensiero e di comportamenti, tanto che preferisce concedere amicizia e fiducia a ladri e prostitute piuttosto che ai suoi superiori gerarchici, con i quali è immancabilmente in conflitto.