Solo gli occhi ci possono salvare
"Pietro Secchi affronta la prova più difficile, l'affondo dentro la sua vicenda umana, scandita attraverso il ricordo delle circostanze biografiche, poco importa se all'apparenza minime come un goal a una partita di pallone, che ne hanno segnato lo svolgersi nel segno del dolore e dell'improvvisa crescita. Crescere, conquistare a unghiate la vita è, per il poeta affetto da una disabilità motoria che rende difficili gesti comuni per gli altri esseri umani, un processo a balzi, lacerazioni, scarti improvvisi come scosse telluriche che incidono la coscienza e si risolvono nel brillare del manufatto poetico. L'esistenza, pare volerci dire Secchi, non è un lento svilupparsi, ma la somma di (micro) traumi e spostamenti, di abbagli e difficoltà il cui superamento o meno fa balzare comunque in avanti il corso della vita. [...] Più in generale, la riflessione umana e poetica poggia su quella filosofica, cara al nostro poeta studioso di filosofia in ambito accademico, sull'inesausta interrogazione di senso, chiamando a raccolta il pensiero di Avicebron, Martin Heidegger, Meister Eckhart, Pierre Joseph Proudhon, contrastando l'affermazione di Salvatore Quasimodo secondo la quale i filosofi sono "i nemici naturali dei poeti"". (Dalla Postfazione di Luca Benassi)
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Anno edizione:2010
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