Storia di Bisanzio

L'impero Bizantino ha raccolto l'eredità dell'Impero Romano continuando a sviluppare quelle che furono le strutture preesistenti e nel corso della sua storia ha continuato a esercitare il suo dominio o influenza in ambito politico, artistico e religioso in diverse aree della nostra penisola. Nonostante questo cedo che nel nostro immaginario storico, Bisanzio venga vista come un qualcosa di estremamente distaccato, esterno e lontano dalla nostra storia e dunque che in fondo non ci interessa. Per questo motivo cercavo in libro che potesse fornire una panoramica del percorso storico dell'Impero Romano d'Oriente e fornire una visione "orientale" del periodo che va dalla tarda antichità fino al rinascimento. Il libro ha soddisfatto le mie aspettative, fornisce una buona sintesi degli avvenimenti storici dando a mio parere anche un discreto approfondimento delle dinamiche politiche, economiche e sociali interne, come anche dell'evoluzione culturale e religiosa della sua società. Ho trovato il libro molto godibile e credo che possa essere adatta ad un pubblico ampio, utile ad allargare le proprie vedute e colmare alcune "zone d'ombra" della nostra visione storica nonché punto di partenza per eventuali approfondimenti.

All’interno dell’ultima generazione di studiosi di storia bizantina occupa un posto importante Warren Treadgold, autore di prestigiose opere sull’argomento come Byzantium and Its Army. La pubblicazione di questa, che in lingua originale è A Concise History of Byzantium, New York 2001, sintesi della più ampia A History of the Byzantine State and Society, 284-1081, deriva dall’esigenza di rendere accessibile a un “grande” pubblico l’esito degli studi condotti negli ultimi trent’anni sulla civiltà di Bisanzio. Studi che hanno scardinato alcuni dei punti fermi posti dai “padri” fondatori della disciplina, storici che hanno sottratto all’oblio – o al disprezzo – un millennio di storia tardo-antica e medievale sospesa tra l’Occidente cristiano e l’Oriente infedele. Il problema della (ri)scoperta di Bisanzio ha indotto molti scrittori dell’ambiente a motivare il proprio interesse e a giustificare l’esistenza stessa delle pubblicazioni da esso scaturito. Treadgold in questa sede tralascia la questione del “perché Bisanzio?” – forse perché ampiamente svolta da predecessori e contemporanei oppure perché la curiosità e il fascino dell’esotico che la materia suscita di per sé non hanno bisogno di altre motivazioni? – limitandosi a evidenziare ciò che “di più” avrebbe la sua ricerca. Indagare questi vantaggi significa rendere ragione a un libro che dalla sua ha il fatto di essere frutto di una ricerca aggiornata, a partire dagli studi più recenti, e di sposare un’attitudine narrativa che non dispiace al lettore esperto né al lettore medio, pur non rinunciando allo scientificità. Pur nei limiti che può avere un’introduzione a un periodo storico circoscritto, non solo dal punto di vista cronologico ma anche da quello geografico e culturale, si tratta di un’opera completa sotto il profilo degli avvenimenti, senz’altro insufficiente sotto quello della civiltà – in senso lato -. Ciò che manca al libro, tuttavia, è una visione d’insieme dei “lunghi periodi” della storia bizantina, ad esempio di alcune dinastie, che non permette un’interpretazione complessiva e problematica dei quadri che l’autore cesella come un vero bizantino. Il libro ha un’argomentazione serrata di eventi e guerre, ma quando c’è da interpretare o da fare un bilancio diventa carente – in particolare il lettore più attento sente la mancanza della dialettica dei punti di vista, volutamente tralasciata, come ammette Treadgold stesso nella prefazione. Anche se la posizione dello storico è abbastanza accreditata, a volte il testo sembra liquidare con troppa fretta problematiche importanti che i fatti della storia bizantina possono sollevare, tanto più che l’autore, nella loro valutazione, adotta una “focalizzazione interna”, per così dire, all’impero, mai uscendo a confrontarli con ciò che contestualmente avveniva al di fuori di esso. Due esempi su tutti: il problema della perdita dell’Italia con i successori di Giustiniano, giudicato un fatto trascurabile; il periodo delle crociate, forzosamente inserito in un ambito esclusivamente bizantino. Il dare pari dignità a tutti i periodi, inoltre, comporta inevitabilmente una maggiore superficialità nell’affrontare quelli che ultimamente riscuotono maggior interesse, anche in relazione ai punti in comune che si possono ravvisare con il coevo Occidente latino. La dinastia dei Comneni, ad esempio, considerata dagli studiosi del post-Ostrogorskij come uno dei periodi più floridi di tutto il millennio bizantino, presenta tratti incredibilmente comuni con il feudalesimo, istituto fondato notoriamente nell’area franco-tedesca, eppure il suo posto all’interno del libro non è prevalente rispetto ad altri. Le questioni dottrinarie e le relazioni tra chiesa d’Oriente e chiesa d’Occidente sono invece molto considerate. Un altro punto di forza del libro è nel rendere esplicito ciò che di “bizantino” – inutilmente complicato - c’è nella storia di questa civiltà ancora poco conosciuta ai più. Se infatti la storia di Roma oggi non sembra più un mistero – il cinema e i fumetti, la narrativa e la saggistica divulgativa hanno reso “popolare” l’argomento – la storia di Bisanzio non occupa ancora un posto privilegiato nemmeno presso gli ambienti accademici. Che agili volumi di questo tipo possano avvicinare a un pubblico più vasto una disciplina fin ora appannaggio esclusivo degli specialisti? Ci auguriamo di si, sempre precisando che trattasi di una sintesi – fitta fitta di particolari descrittivi, ma potremmo dire anche “bizantina”.