"Nella sua seconda silloge, 'Sursum corda. Ad Ovest dei versi', Vincenzo Mirra si misura con il tentativo, peraltro pienamente riuscito, di disegnare una mappa esistenziale che riunisce luoghi geografici e spazi interiori, il Tempo - scandito nelle sue 'coordinate' di eventi tra passato, presente e futuro - e la sua estensione 'metafisica' nell'infinito. La poesia di Mirra si nutre di un travaglio incandescente di immaginazione e idee, di parole che contengono una visione vasta e smisurata del mondo, ridisegnato dalla fantasia e dai sentimenti, di cultura e intellezione. Nella rinascita del logos, i versi vengono alimentati da un linguaggio simbolico e rievocativo che entra ed esce continuamente dalla realtà, per dare voce ai sentimenti e alla pura contemplazione della bellezza." (dalla prefazione di Vincenza Fava))
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