Il tempo è forse il leitmotiv principale che deve accompagnare il lettore alla scoperta di questo libro composito, in cui si intrecciano versi in lingua e in dialetto salentino, descrizioni paesaggistiche e meditazioni filosofiche, ricordi personali e letterari, recuperi sottintesi ed eredità palesi di poeti classici e contemporanei: tutto reso eterno e insieme fuggevole dal misurare giorni e notti di un’impietosa clessidra, cosmica e mentale. Il tempo, già implicito nel titolo eliotiano, riporta passato e futuro a un adesso in cui ogni elemento si fonde e trova una sua giustificazione: “L’inizio, i fuochi e le pietre stellari / dell’inizio, la fiumana di tempo / fatta conchiglia, deserto, montagna, / le voci d’animali nelle selve, / tutto è sempre ora”. La rarefazione, l’immaterialità, la “perlata trasparenza” in cui cose e persone si trasformano, divenendo quasi evanescenti, è evidente nel reiterato riproporsi di alcuni termini: ombra, chimera, piuma, nuvola, sabbia, soffio, profumo. Ma a questa predilezione per l’inconsistenza (richiamata dalle figure dei trapassati, dell’angelo, dell’assente, dei fantasmi) si frappone improvvisamente la durezza dell’attualità, dei rumori del mondo, con i suoi soprusi e la sua detestabile ingiustizia. Allora il poeta riscopre una propria voce civile, più vicina comunque alla pietà che all’indignazione, come nei versi dedicati ai migranti morti in mare, alla sofferenza muta degli animali, alle sommosse dei popoli oppressi. Ogni memoria di luoghi e di incontri, di poeti a cui si deve gratitudine, ogni lampo di ricordo porta salvezza e salva dal nulla cui siamo destinati: “Un esercizio amaro è dare / un nome a quello che è perduto”. Eppure, anche solo il nominare regala consistenza a ciò che è esistito, offrendo in sovrappiù di “grazia, precisione, finezza” alla nostra lingua che si sta stemperando “nell’inerte, nel vago”, e che – come ogni cosa fragile e preziosa – dovrebbe essere preservata con cura e dedizione.
Tutto è sempre ora
Fin dal titolo (da Eliot) i versi di Antonio Prete indagano lo statuto di realtà che si mostra oltre l'ordine visibile del tempo.
In ogni istante c'è una compresenza di passato, presente e futuro. Ma la compresenza è anche ulteriore e contempla il non accaduto, il non vissuto: «Quel che non ebbe svolgimento è qui, | con una veste scura, | quel che accadde è spoglio d'ogni fulgore, | soltanto il non vissuto ha una baldanza | quasi fresca: "perché", sembra sussurri, | "non camminammo insieme, | almeno per un tratto?"». Quella di Prete è una sorta di fratellanza verso ciò che poteva essere ma non è stato, e forse non sarà mai. Non sappiamo che cosa appartiene «al vortice dell'essere e apparire, | al fuoco di consunzione e rinascita». Non dobbiamo essere presuntuosi del nostro certificato di esistenza in vita. L'invisibile ci circonda. «Una bolla | è il mondo gonfia di niente | che fluttua piano nell'aria | sotto un cielo di stelle spente». Ma queste meditazioni si inverano nelle bellissime descrizioni della natura. Come Prete scrive in un distico: «Il battito, qui, dei pensieri è prossimo | al respiro degli ulivi». È questa prossimità alla natura che permette di accogliere nei versi presenze stellari e animali, fino alle figure d'apparenza che animano l'ultima sezione del libro.-
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Anno edizione:2019
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alida airaghi 03 ottobre 2019
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