Sono da anni un'appassionata di thriller scandinavi e leggo con piacere quasi tutti questi autori (tranne Stieg Larsson e pochi altri) da prima che molti di loro fossero tradotti in italiano (gli altri Paesi europei, come spesso succede, sono stati molto più preveggenti in questo) e seppure Holt non sia la mia preferita in assoluto, è sicuramente in classifica. Lo stile magari non è originalissimo, ma i suoi libri sono sempre molto scorrevoli, ai personaggi (ricorrenti) ci si affeziona e a volte, come in questo caso, la fine riserva una sorpresa. Senza voler raccontare della trama, consiglio questo libro sicuramente a chi il genere piace, a chi vuole una storia avvincente, non sopra le righe, credibile e con personaggi non perfetti ma gradevoli. E un ottimo voto bisogna darlo anche alla versione digitale, pressochè priva di errori sia tipografici che di impaginazione (chi legge elettronico sa quanto questo sia da apprezzare...!).
In un gelido e ostinatamente plumbeo febbraio norvegese, l'arrivo di un ragazzino in un orfanotrofio alle porte di Oslo è causa di grande scompiglio. Il dodicenne Olav infatti, sottratto alla patria potestà, pare infinitamente più adulto e cattivo degli altri compagni, e tutti i tentativi di pacificarlo sembrano fallire. Quando Agnes Vestavik, la direttrice dell'orfanotrofio, viene trovata nel suo ufficio, uccisa con un coltello da cucina, e Olav è scomparso, probabilmente dopo aver assistito al delitto, Hanne Wilhelmsen, appena nominata soprintendente di polizia, decide di occuparsi del caso. Cosa che la porterà a scendere per le strade di Oslo, tra il peggior degrado ma anche nell'umanità più dolorosamente viva.
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Traduzione di Margherita Podestà Heir. Torino, Einaudi 2001,cm.14x21,5, pp.283, brossura con bandelle e copertina figurata. Collana Stile Libero Big.
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Anno edizione:2011
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"L'unico figlio" è sicuramente un romanzo molto interessante: quello che più mi è piaciuto in questo thriller è l'attenta analisi psicologica che l'autrice fa di tutti i suoi personaggi. Il romanzo è ambientato in una casa-famiglia alle porte di Oslo, dove tutti gli ospiti hanno qualcosa da nascondere. Ma quando la direttrice viene trovata uccisa alla sua scrivania con un coltello nella schiena, e il dodicenne Olav è scomparso, il giallo diventa molto difficile da dipanare e il vero colpevole stenta a venire allo scoperto. Forse Olav ha visto qualcosa ed è rimasto sconvolto? In parallelo al racconto, il diario della madre di Olav, scritto in corsivo, costretta a fare i conti con un sentimento estremo di attaccamento-paura nei confronti del proprio figlio, che le è stato tolto con la forza dai servizi sociali, ma cui lei non è pronta a rinunciare. Lo stile magari non è originalissimo, ma i libri di Anne Holt sono sempre molto scorrevoli, ai personaggi ci si affeziona e a volte, come in questo caso, la fine riserva una sorpresa molto ben gradita.
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