Questo libro di Berne introduce con una lettura facile e immediata alle dinamiche interpersonali
A che gioco giochiamo
Testo fondamentale della psicologia contemporanea, “A che gioco giochiamo” ha costruito l'ipotesi e gli strumenti di un nuovo tipo di analisi terapeutica, l'analisi transazionale, utilizzando la rappresentazione della realtà sotto forma di giochi. Dire “gioco” significa esprimere in un altro modo, semplice ed esemplare, in che posizione e in che ruolo una persona intende mettersi (e finisce sempre per mettersi) rispetto a un ambiente o a un altro individuo. Il marito che tormenta la moglie, l'amico che perseguita l'amico, il superiore che si rivale sul dipendente con lo stesso motivo o pretesto, tendono a ricreare circostanze sempre uguali. L'analisi transazionale, come metodo e come teoria, consente a chi la pratica di identificare il proprio ruolo nel gioco che tende a ripetere, e pone così le basi per una autonomia critica da questi meccanismi, e forse per una liberazione.
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Autore:
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Anno edizione:2018
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Formato:Tascabile
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Eras 11 gennaio 2025Bella lettura
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Scrittura semplice ed immediata
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Giusy Frezza 11 maggio 2018
Ci sono ragioni profonde, spesso inconsapevoli, per cui facciamo ciò che facciamo, per cui agiamo in certi modi, spesso distruttivi, spesso stancanti per chi li agisce e incomprensibili per chi vi assiste. Queste ragioni, qualora si fosse interessati ad individuarle,vengono esposte in maniera praticabile e schematica nel libro “A che gioco giochiamo” del medico e psicologo Eric Berne, considerato padre fondatore dell’Analisi transazionale. Ebbene, dopo una rapida dissertazione sui fondamenti dell’AT, ampiamente descritti nel libro “Analisi transazionale e psicoterapia” che precede il libro dei giochi in questione, si passa a definire il gioco, spiegato non come impiego del tempo in attività ludiche e divertenti, bensì come una serie di transazioni, ossia di scambi tra persone, finalizzate ad ottenere un certo scopo, un certo risultato, nello specifico la soddisfazione di bisogni profondi, con molta probabilità risalenti all’età dell’infanzia e non accolti dai genitori. Il punto quindi è che il gioco in AT, che sia positivo o negativo per chi vi prende parte, allontana i suoi attori da una più sana intimità, ossia uno scambio spontaneo, consapevole, senza doppi fini o sorretto da meccanismi interiori poco chiari. L’invito di Berne è, dunque a "riconoscere il “gioco che stiamo giocando” e cominciare a guarire attraverso la comprensione del ruolo che ci siamo assegnati, nel quale siamo caduti o al quale siamo stati costretti”.
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