Ho finito di leggere “Addio a Berlino” di Christopher Isherwood, che dire… bellissimo. Il modo in cui Isherwood descrive le cose realizza appieno quanto si propose di fare proprio in questo magnifico libro: “Io sono una macchina fotografica con l’obiettivo aperto.” E ci riesce stupefacentemente, assolutamente, meravigliosamente, innegabilmente… Inizio ad amare Isherwood sempre di più; dopo “Un uomo solo”, “Addio a Berlino”, diario degli inizi degli anni ’30 (1930-1933, per essere precisi), nel quale descrive gli accadimenti che più lo hanno colpito, in termini di conoscenze, avvenimenti politici, culturali, arrivando a cogliere financo i cambiamenti psicologici nella popolazione berlinese in modo quasi previdente, direi, come quando, con un’eleganza stilistica del tutto invidiabile, scrive, dopo che ha avvisato la signora che gli ha dato per parecchio tempo alloggio a Berlino che ripartirà per l’Inghilterra: «È inutile cercare di spiegarlo o parlare di politica. Lei si sta già adattando, così come si adatterà a ogni nuovo regime. […] Si sta semplicemente acclimatando, in ossequio alla legge naturale, al modo di un animale che cambia il pelo ai primi freddi. Migliaia di persone come Fraulein Schroeder si stanno acclimatando. Dopotutto, chiunque sia al governo, sono condannate a vivere in questa città», mi piace senza riserve di alcun genere.
Addio a Berlino
"Io sono una macchina fotografica con l'obiettivo aperto" dichiara l'alter ego di Christopher Isherwood arrivando nell'autunno del 1930 a Berlino, dove resterà fino al 1933. Un obiettivo - si può aggiungere - inesorabile, attraverso il quale partecipiamo come dal vivo ai suoi incontri nel cuore pulsante di una Repubblica di Weimar che si avvia al suo fosco tramonto: da un'eccentrica, anziana affittacamere alla sensuale Sally Bowles, aspirante attrice un po' svampita, a Otto, ombroso proletario diciassettenne, a Natalia Landauer, rampolla di una colta famiglia ebrea dell'alta società. Tra cabaret e caffè, tra case signorili e squallide pensioni, tra il puzzo delle cucine e quello delle latrine, tra file per il pane e manifestazioni di piazza, tra crisi economica e cupa euforia - da nulla dettata e in bilico sul Nulla -, Isherwood mette in scena "la prova generale di un disastro" e ci fa assistere alla "resistibile ascesa del nazismo". Non solo: cogliendo con ironia corrosiva i presaghi rintocchi che accompagnano la grandeur di un mondo "inutilmente solido e pesante", ci consegna una scabra narrazione che ci ricorda come la Storia - e ogni storia - sia sempre contemporanea.
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Autore:
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Traduttore:
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Editore:
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Collana:
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Anno edizione:2013
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Matteo Celeste 21 ottobre 2021Le mie impressioni su "Addio a Berlino" di Christopher Isherwood
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FRANCESCA ORLANDINI NOLASCO 02 marzo 2017
Questo romanzo fornisce una vista originale della Berlino nazista: il protagonista è un giovane inglese che insegna la sua lingua a ricchi tedeschi. Durante il suo soggiorno incontra tanti personaggi diversi: dalle affittacamere con i loro colorati ospiti, a varie donne di facili costumi, a ricchi sbandati, a nazisti convinti. Però nonostante le belle idee, la lettura non decolla mai, forse perché il protagonista, troppo impegnato a non dare giudizi non ci trascina da nessuna parte.
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