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si riflette e si ci commuve
Vicino a Weimar sorgeva un grande bosco e quando i nazisti hanno stabilito di creare lì il campo di concentramento di Buchenwald, delinquenti e prigionieri che si trovavano nelle prigioni nazionali sono stati mandati, a piedi, con attrezzi inadeguati, spesso allo stremo delle forze, ad abbattere gli alberi di quel bosco. Attorno al campo sono rimasti alberi, che per anni hanno mormorato incubi più spesso che conforto ai prigionieri del Lager, ed uno in particolare è stato lasciato: “l'albero di Goethe”. Quest'albero che i nazisti hanno voluto al centro del Lager stesso, attorno al quale qualche SS nostalgica recitava versi in tono rapito, solenne o commosso, era stato consacrato dalla comunità tedesca al suo poeta, lo scrittore che aveva celebrato l'uomo pronto, per un ideale, a vendere l'anima al diavolo, ma che alla fine non perderà davvero l'anima perché la sua spinta alla grandezza umana lo proteggerà e gli farà abbracciare l'umanità (Faust è pronto a dire di aver visto l'attimo perfetto e quindi a pagare il suo debito al diavolo alla visione di un campo bonificato dove gli uomini possano vivere liberi!). A Buchenwald arriverà Willi, 14 anni, colpevole di aver distribuito per il fratello materiale sovversivo, e con lui Alex, Bubi, Raldy, il Conte, Arthur, Lilli, Wlady e Sven, tutti ragazzi, tutti rei di qualche grave trasgressione contro il regime o la moralità nazista, tutti condannati all’inferno del Lager. Willi per il trauma ha dimenticato quasi tutto, ma Alex, che lo ha conosciuto appena arrivato in cella, custodisce per lui le sue memorie; quando Alex si ammala i ragazzi del suo kommando lo aiutano e lo proteggono; quando qualcuno piange o si abbatte gli altri lo consolano; quando chiunque di loro ha bisogno di qualcosa in più Bubi si sacrifica e torna a fare “il mestiere”, vendendosi ad un guardiano. Anche Willi sarà chiamato a sacrificarsi e a scegliere cosa per lui conta di più: se stesso o i suoi amici, il loro affetto, la consolazione di saperli lì con lui… I nazisti avevano creato una macchina di annientamento mostruosa: si spezzavano i fisici, si scarnificavano i corpi, si annullavano i caratteri distintivi delle personalità e fin’anche dei sessi, si toglieva la speranza, il sostegno della solidarietà e del conforto umano e così si abbrutiva gli spiriti… I ragazzi, come nota una SS, sono diversi: in loro la solidarietà è più forte, l’umanità più dura a essere spenta, e ciò li sostiene, dà loro uno scopo per resistere a tutto, anche alle brutalità più atroci, alle violenze ed ai soprusi più terribili… Helga Schneider scrive questo libro per i ragazzi: la scrittrice racconta e non cela nulla per far conoscere, per passare il testimone della memoria, per insegnare tramandando di generazione in generazione ciò che le prime sanno ed hanno conosciuto ed è bene che le seconde ricordino. Davvero Willi alla fine si salva (non solo da Buchenwald, ma anche prima, dal suo aguzzino) o è solo un modo, una licenza “poetica”, per rendere il libro più sostenibile dai giovanissimi? Quanto avrà pensato che il prezzo del suo rifiuto è stato comunque la vita di Alex? Sono questi punti su cui gli adulti forse si possono soffermare, in modo puramente speculativo, pensando che Willi non rappresenta solo Willi, ma tanti altri ragazzi che come lui hanno vissuto l’Inferno dei Lager. Per i ragazzi va bene così: conoscere un altro capitolo della storia della Shoah, entrare nella realtà che è stata, è un primo passo, il passo che va chiesto loro. A noi riflettere e aiutarli a riflettere su quanto è accaduto perché non riaccada.
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