Il racconto della vita di Nino Marano, finito in carcere per alcuni reati minori e caduto in una spirale di violenza che l'ha portato a restare dietro alle sbarre per tutta la vita. Personaggio incredibile, impregnato di ideali personalissimi e privo di ipocrisia, che fa riflettere sulla assenza di prospettive di riabilitazione per chi affronta la condizione di detenuto. Manca un po', secondo me, una chiave di lettura della vicenda che alla fine si traduce in una quantità di eventi descritti in modo poco ordinato.
Ancora un giro di chiave. Nino Marano. Una vita fra le sbarre
Finalista al Premio Letterario Caccuri 2019
È il 31 gennaio del 1965 quando Nino Marano entra in carcere per aver rubato melanzane e peperoni, la ruota di un'Ape e una bicicletta. L'aveva rubata, racconta, «per andare a lavorare come manovale, non l'avessi mai fatto. Ci sono rimasto per un'eternità. La cella, la coabitazione coatta mi hanno trasformato. Dietro quelle sbarre le mie mani si sono macchiate di sangue e io sono diventato un assassino». Il presidente della Repubblica è Giuseppe Saragat, s'inaugura il traforo del Monte Bianco e i Beatles arrivano in Italia ma Nino sembra uscito da un romanzo di Verga: menzanu, mediano di cinque figli, madre casalinga, padre bracciante, una casa «che puzzava di fame». Non ha neanche un avvocato quando un giudice si occupa per la prima volta di lui: i furti vengono considerati «in continuazione», fanno cumulo, e lui si ritrova con una condanna a quasi undici anni. Entra ed esce di prigione fino al 13 giugno del 1973, quando varcando la soglia del penitenziario di Catania ha inizio il suo peregrinare, da nord a sud, per le patrie galere: da Pianosa a Voghera, da Alghero a Porto Azzurro fino a Palermo, spesso nelle sezioni di Alta Sicurezza. Il 22 maggio 2014, dopo quarantanove anni, due omicidi, due tentati omicidi e due condanne all'ergastolo, Nino Marano, il detenuto più longevo d'Italia per reati commessi in carcere, ha ottenuto la libertà condizionale e si è riaffacciato al mondo, compiendo la sua «metamorfosi».
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Anno edizione:2019
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GIULIO VOLPI 29 marzo 2019
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