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Anno edizione: 2024
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Libro incluso nella cinquina finalista del Premio Lattes Grinzane 2025
«Non siamo angeli il capitano non ha smesso di sbraitarcelo nelle orecchie, e ancora ce lo sbraita – Non siete angeli! mentre il sole ruzzola dietro l’orizzonte e volano in cielo le allodole uscite dai lentischi e dalle palme nane.»
«Un libro magnifico, scritto con una lingua superba.» - Tahar Ben Jelloun
«La popolarità del romanzo di Belezi è un segno dei tempi che cambiano.» - Constant Méheut, The New York Times
«Un romanzo incandescente.» - L’Orient littéraire
«Un’epopea della follia umana.» - L’Obs
Al suo apparire in Francia, Attaccare la terra e il sole ha subito suscitato stupore e ammirazione nella società letteraria francese. Dopo Céline e Faulkner, uno scrittore dalla vita appartata, lontana dagli splendori della capitale, nominava la guerra e la violenza nella loro nuda verità, restituendone non soltanto l’insensatezza e la follia, ma la loro spietata capacità di penetrare nei corpi e nella mente, di diventare carne e sostanza psichica degli esseri umani. Il libro narra della guerra coloniale che, intorno alla metà dell’Ottocento, rese stabile la presenza di militari e coloni francesi in Algeria. Una guerra di dominio, dunque, come lo è ogni guerra, ma le cui ferite continuano a sanguinare nella storia recente dell’Europa. Mathieu Belezi lascia scorrere come un fiume in piena la sua prosa attraverso le voci dei due protagonisti: Séraphine, che con marito e figli parte da Marsiglia per raggiungere una colonia agricola, e un soldato totalmente asservito alla violenza e alla crudeltà del suo capitano. In quelle “terre di barbarie”, fatte di sassi, sole cocente e freddo tagliente, in cui il colera divora le vite, i sette ettari “regalati dalla Francia” sembrano tutt’altro che la fortuna e la felicità promesse. Eppure, Séraphine e i suoi non cessano un solo istante di “combattere contro il sole, contro la terra ostile” e contro gli arabi che aspettano solo il momento propizio per farli a pezzi. Bretoni, alsaziani e marsigliesi, i soldati, buoni cattolici in patria, con le pupille dilatate, le narici palpitanti, i denti come zanne pronte a mordere con rabbia più cristiana del solito, assaltano i fondouk infilzando con le baionette chiunque capiti a tiro. La missione civilizzatrice scompare davanti all’orrore e alla ferocia, ma i soldati non esitano poiché, come ripete il capitano, non sono angeli. E a coloro che non sono angeli la guerra trafigge il cuore. Opera attraversata da una tragica bellezza, Attaccare la terra e il sole colpisce per la musicalità della sua impeccabile scrittura che ipnotizza il lettore sin dalle prime pagine.
“Attaccare la terra e il sole”, Mathieu Belezi, Gramma Feltrinelli Un romanzo spietato nella sua tragica bellezza, che sa colpire al cuore con la sua musicalità, che a tratti rallenta, ma solo per prendere la rincorsa in un vortice di narrazione che è pura letteratura. Il libro è ambientato a metà ottocento, durante la conquista francese dell'Algeria che portò all'arrivo di militari per sconfiggere ogni tipo di resistenza interna al paese e coloni che lasciavano la madrepatria con la promessa di buone terre da coltivare. Le voci narranti che, di capitolo in capitolo si alternano sono due: Seraphine, una donna francese che con marito, figli e la sorella parte da Marsiglia per coltivare i sette ettari di terra promessi dalla Francia e un soldato francese che racconta con totale servilismo al suo capitano, le brutali imprese della guerra. Arabi da una parte, soldati dall'altra, teste mozzate e membra esposte al nemico, ci si chiede costantemente nella lettura quanto l'orrore e la ferocia da sempre, durante le guerre di ogni tipo, caratterizzino il genere umano. Ma la voce narrate più riuscita è è proprio quella di Sèraphine, donna forte eppure dolce, caparbia ed energica eppure mansueta, capace di raccontare senza fronzoli, le difficoltà nel coltivare una terra arsa dal sole, la paura delle bestie feroci, la violenza delle aggressioni degli arabi del posto, l'angoscia che la vita porti via i propri cari durante l'epidemia di colera, tanto che non possiamo non pensare alle pagine de “la peste” di Camus. La descrizione del corpo, in ogni suo disfacimento diventa cruda, forte e agghiacciante. Eppure in lei rimane quella forza di donna, di moglie, di madre, che riesce a rendere epico l'intero racconto. “Devo raccontare anche quello che non si dovrebbe raccontare?...santa, santissima madre di Dio, non è forse meglio tacere?” Un romanzo di una rara e intensa forza narrativa che ti trascina nel profondo della violenza umana ma ti lascia la voce vivida e sincera di una donna che lotta per la vita e per quella dei suoi cari. Un romanzo forte e “necessario”
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Non sono in grado di rendere giustizia ad un’esperienza di lettura così intensa, così bella, così dolorosa. C’è un ritmo, una musicalità nella lettura, determinati anche dalla particolare punteggiatura, mancano i punti, l’autore ci accompagna a capo e ci trascina nel susseguirsi degli eventi. Le parole sono perfette, sono cesellate una ad una, riuscendo in poche pagine a raccontare tanto. E il lettore grazie a queste parole sente tutto, vive tutto, come fosse lì. Sente le grida, gli spari, sente le puzze, la polvere, sente l’esaltazione, la paura, avverte la disillusione, l’assurdità. Toglie il fiato questo breve romanzo. lo toglie per il dolore e per l’aberrazione, ma lo toglie anche per la bellezza.
Due voci narranti si alternano e incantano. Ineccepibile sul piano della scrittura. In Francia i casi letterari spesso riguardano e confermano la qualità delle opere.
Mathieu Belezi, con una scrittura di grande impatto, cruda e sfibrante ma al tempo stesso ammaliante e sorprendente, ci racconta l’orrore, la violenza efferata e le atrocità della colonizzazione francese dell’Algeria, avvenuta nel XIX secolo, strutturando il piano narrativo su due prospettive differenti, ovvero quella dei coloni francesi a cui era stata promessa un appezzamento di terra e quella dei soldati occupanti, brutali e assetati di morte e sangue. Lo stile serrato senza pause, praticamente privo di punteggiatura e di paragrafatura, aumenta la velocità di propagazione della percezione di panico e paura raggiungendo lo scopo di far provare al lettore una sensazione indefinita, basculante tra il dolore e il raccapricciante.
Recensioni
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