Una bellissima storia
La bambina di Kabul
Quando i talebani riprendono il potere nell'agosto 2021, Saliha vive in Italia da molti anni, ma l'infanzia in Afghanistan sotto il regime dei mujaheddin torna con forza alla memoria. La restaurazione del regime, oggi come ieri, rappresenta un'enorme minaccia per i diritti delle donne perché, tra le altre cose, impedisce loro l'accesso alla scuola: una condanna nei confronti delle bambine e delle ragazze del Paese, a cui viene tolta la possibilità di istruirsi. Per questo Saliha sceglie di rompere il silenzio e raccontare la sua esperienza: una vita a cavallo tra l'Afghanistan e l'Italia dove, da straniera, ha dovuto lottare per non perdere un'identità, sostenuta dalla forza della sua famiglia e dall'amore per i libri, in particolare quelli di Khaled Hosseini e di Antonia Arslan, fino a costruire uno spazio per sé e per sua figlia.
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Anno edizione:2025
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Formato:Tascabile
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Lsm 11 marzo 2025Bellissimo
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Stefania 14 febbraio 2025Una storia di dolore e di coraggio
Saliha è una ragazza nata e cresciuta in Afghanistan e trasferitasi in Italia dopo il matrimonio. È giovanissima, eppure ha vissuto mille vite, mille dolori, nel cuore quella croce che è il paradosso di chi subisce violenza: si sente responsabile, il peccato grava sulla vittima e non sul colpevole. Una trama intensa, una narrazione coraggiosa e dolorosa che intreccia la testimonianza della storia recente dell’Afghanistan agli eventi vissuti in prima persona da Saliha. La libertà in Afghanistan è una chimera, in modo particolare per le donne, private di ogni diritto, dalla parola all’istruzione, spesso anche dell’identità. Due frasi sono ricorrenti in questo libro: “La libertà si conquista a piccoli passi” “Ero / sono una ribelle” I piccoli passi compiuti da Saliha in realtà sono enormi, immensi per importanza, fondamentali per lei e per chi si trova a vivere situazioni analoghe. La violenza ha radici profonde, radicate, scaturisce dalla guerra, dall’ignoranza, dal retaggio culturale. Si tende a darle un nome ed un volto, quasi che associandola ad una causa la si possa accettare, o, peggio, giustificare. Invece la violenza è trasversale, non ha provenienza, né estrazione sociale, né età né giustificazione alcuna. Non si deve accettare, punto e basta. Saliha non è una ribelle, è una ragazza normale, è intelligente e moderna, ha il diritto di studiare, di lavorare, di essere libera, di scrivere e di esprimersi come vuole. Di amare chi vuole. Commuovente è la lettera alla figlia, destinata a tutte le figlie, alle donne di domani, a quelle che saranno ancor più libere anche grazie alle tante Saliha, al loro coraggio ed ai loro passi da gigante.
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