In questo romanzo, Emilio De Marchi tratteggia un noir ottocentesco che non gioca sul mistero dell’identità del colpevole — che scopriamo sin dai primi capitoli — ma sulla discesa morale e psicologica del protagonista: il barone di Santa Fusca, nobile decaduto, che uccide un prete per necessità e poi tenta invano di salvarsi dalla propria coscienza. Il vero centro della narrazione è proprio il tormento interiore: Coriolano sprofonda nel rimorso, nel delirio e nell’autogiustificazione, cercando disperatamente di costruirsi una versione alternativa dei fatti. Ma anche i personaggi “positivi”, come Don Antonio, non sono immuni da queste dinamiche: anche lui cerca, in piccolo, di rendere accettabile un gesto che sa essere moralmente sbagliato. Il cappello del prete, oggetto solo in apparenza secondario, si carica progressivamente di un’aura sinistra. Passa di mano in mano, osservato con sospetto, come se conservasse la memoria del delitto e rifiutasse di lasciarlo impunito. La sua presenza silenziosa agisce come detonatore narrativo e simbolico. A colpire è anche la voce del narratore, ben presente e mai neutra, che interviene, commenta, guida e giudica, ricordando per stile e impostazione il modello manzoniano. Eppure lo fa senza soffocare la lettura, lasciando che il lettore assista da vicino alla rovina del protagonista. C’è molto, in questo romanzo: un’anatomia della colpa, una riflessione sull’ipocrisia sociale, un’ironia sottile e una tensione narrativa costante. La figura di Coriolano, con il suo declino, ha qualcosa di shakespeariano e dostoevskiano, sospesa tra il delirio morale e la condanna ineluttabile. Un romanzo da riscoprire, profondo nello sguardo sull’umano e sorprendentemente attuale.
Un barone travolto dai debiti. Un prete arricchitosi con lotto e usura. Una villa vesuviana. Un morto. E un cappello, l'oggetto indistruttibile che darà vita a una serie di colpi di scena. Sono gli ingredienti del primo romanzo noir italiano. Ambientata in una Napoli per nulla pittoresca e raccontata con scrittura svelta e moderna, la vicenda si svolge a partire dall'omicidio del prete e si alimenta degli incubi e delle ossessioni del suo assassino, teso a inseguire quel cappello che sempre sembra sfuggirgli: perché "il prete avrebbe potuto, nella sua misericordia, perdonare; il cappello, no". De Marchi conduce il lettore attraverso i meandri di un raffinato giallo psicologico sfruttando gli ingredienti narrativi del romanzo d'appendice, nella convinzione che "l'arte è cosa divina; ma non è male di tanto in tanto scrivere anche per i lettori".
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Anno edizione:2015
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Ely 20 luglio 2025Un tuffo nella mente di un colpevole
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Sapereaude 11 novembre 2021Un Delitto e castigo partenopeo
Un barone travolto dai debiti. Un prete arricchitosi con lotto e usura. Una villa vesuviana. Un morto. E un cappello, l'oggetto indistruttibile che darà vita a una serie di colpi di scena. Sono gli ingredienti del primo romanzo noir italiano. Ambientata in una Napoli per nulla pittoresca e raccontata con scrittura svelta e moderna, la vicenda si svolge a partire dall'omicidio del prete e si alimenta degli incubi e delle ossessioni del suo assassino, teso a inseguire quel cappello che sempre sembra sfuggirgli: perché "il prete avrebbe potuto, nella sua misericordia, perdonare; il cappello, no". De Marchi conduce il lettore attraverso i meandri di un raffinato giallo psicologico sfruttando gli ingredienti narrativi del romanzo d'appendice, nella convinzione che "l'arte è cosa divina; ma non è male di tanto in tanto scrivere anche per i lettori". Ho riportato la presentazione perché è perfetta, non avrei potuto dire di più, se non che il genere non vuol dire nulla, è come si scrive che conta! Spero che vi piacerà se lo leggerete.
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