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Libro bellissimo. Ben scritto, molto chiaro ed esaustivo. Mi è piaciuto tanto
Riemerge dal passato, dagli studi del latino, una frase che all’epoca mi colpì non poco, tanto risulta impregnata da un’acredine non disgiunta da un tono di sufficienza. A pronunciarla fu Cicerone, sulle cui qualità di avvocato non si discute, mentre quelle di uomo lasciano non poco a desiderare. Orbene, il grande oratore si rivolge a Catilina dagli scranni del senato, e par di vederlo ergersi, cercare di superare la sua dimensione, tronfio e sicuro che la sua stoccata sarà quella vincente. “Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?” “Fino a quando dunque, Catilina, abuserai della nostra pazienza?” Con l’incipit delle prime delle orazioni che poi verranno chiamate Catilinarie Marco Tullio Cicerone, con la necessaria protezione dei legionari romani, di fronte al Senato denuncia Catilina che la stessa mattina (corre l’8 novembre del 63 a.C. ) aveva inviato dei sicari a casa sua per sopprimerlo, ma la vittima designata, avvisata per tempo del complotto, si era rinserrata fra le sue mura e aveva vanificato l’opera dei taglia gole. La congiura di Catilina, volta a sovvertire la Repubblica romana con una vera e propria rivoluzione tesa a eliminare l’asfissiante oligarchia esistente, era pertanto abortita sul nascere. Il capo dei congiurati era un personaggio controverso, descritto poi come un malvagio dagli storici dell’epoca e da non pochi di quelli che seguirono, e forse buono effettivamente non era, ma non si deve dimenticare che venire considerati nemici di Roma era una consuetudine quando si intaccavano immutabili prerogative di una classe nobile che esercitava sulla plebe un sistema oppressivo, magari allietandola con spettacoli circensi, ma anche torchiandola ben bene, secondo il noto metodo del “bastone e della carota”. Un personaggio come Catilina, un vero e proprio rivoluzionario, non poteva non destare l’interesse di Massimo Fini, quasi sempre contro corrente, in forza soprattutto delle sue idee anarchiche. Ed ecco che allora con questa biografia fornisce una chiave di lettura diversa del personaggio Catilina, utilizzando le stesse fonti storiche che invece lo hanno fatto oggetto di una “damnatio memoriae”. Il risultato di questo lavoro è un libro di interessante e gradevole lettura, tanto più che l’autore, per supportare le sue tesi, ha provveduto anche a una specie di biografia di Cicerone, giusto per far vedere chi fossero i contendenti. Al riguardo, sul grande oratore esprime un giudizio per niente positivo, alle pagine 31 e 32: Ma quelle che sono le sue doti di avvocato sono anche il suo deficit di uomo: la mancanza di convinzioni, il cinismo, l’opportunismo, l’ambiguità. Per il carattere ameboide, incerto, molle, svirilizzato Cicerone assomiglia ad Aldo Moro, è una specie di protodemocristiano. Per vanità e trombonaggine ricorda invece Spadolini, ma uno Spadolini disonesto e moralmente corrotto. E’ un’opinione tranciante che, a onor del vero, non mi sento di condividere in toto, perché di personaggi come Cicerone ce ne sono a bizzeffe e sono quasi tutti i politici. Quanto a Catilina avrà avuto dei difetti, ma di certo era un uomo, di quelli con la U al maiuscolo, coerente e deciso, tanto che ebbe il coraggio di portare avanti il suo tentativo insurrezionale fino a uno scontro diretto, avvenuto nei pressi di Pistoia, in cui cadde alla testa delle truppe che gli erano fedeli. Cicerone, invece, pur non partecipando alla congiura contro Cesare, appoggiò decisamente Bruto, e opponendosi a Marco Antonio, contro il quale pronunciò le famose Filippiche, finì nelle liste di proscrizione. Cercò di evitare la morte fuggendo in modo ignominioso, ma fu tutto inutile, e infine si rassegnò al suo destino. Direi che l’intento, riuscito, di Massimo Fini è di provare una contemporaneità nelle vite di Catilina e di Cicerone, con il primo che può essere considerato, soprattutto oggi, merce rara e con il secondo che è il classico esempio del politico, falso, incoerente e vanitoso. A ben guardare sono trascorsi più di duemila anni dalla vicenda di questi due uomini ed è amaro constatare che è cambiato ben poco. Da leggere, senz’altro.
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