Crudo già dalla prima storia e intrigante fino all'ultima parola, il libro è una raccolta di storie raccontante da, appunto, cavie di un bislacco esperimento, sorta di moderno Decameron. Ma le vere cavie sono, in effetti, i lettori, messi di fronte alla crudezza della natura umana, quando questa si trova a dover fare i conti con se stessa. Persone apparentemente normali che regrediscono ad alcuni degli istinti più primitivi, quelli la cui esistenza ci sforziamo di negare, ma che sono quanto mai umani. Ed è proprio per giustificare questi istinti, queste azioni che definiremmo atroci e disumane, che le cavie costruiscono l'esperimento, lo rendono crudele e si disegnano vittime di uno spietato aguzzino. Palahniuk ci mostra quanto l'uomo possa essere vittima e carnefice al tempo stesso e quanto la natura umana possa essere, in realtà, animalesca. Un libro con contenuti molto forti, sicuramente non per stomaci delicati, le descrizioni sono crude e precise, gli eventi non vengono edulcorati, ma raccontati con onesta brutalità e un pizzico di sarcasmo che rende ancora più accattivante lo stile del libro.
Sono stati portati in un teatro abbandonato di una città ignota, sono quindici, e ognuno di loro ha risposto all'annuncio di un "luogo di ritiro per scrittori" dove potersi isolare per novanta giorni e scrivere il proprio capolavoro. Ma le cose non vanno proprio come previsto e i protagonisti iniziano a raccontarsi storie sempre più estreme in un moderno "Decamerone" e a mettere in atto spietate strategie per mettersi sotto la luce migliore quando l'inevitabile salvataggio li porterà alla gloria. Con lo stile grottesco e dark che caratterizza i suoi scritti, Palahniuk offre una parabola serrata e devastante sulla spasmodica caccia alla fama e alla celebrità.
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Anno edizione:2006
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Ylenia Russotto 06 marzo 2017
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Un Decameron in chiave macabra. Ventitré racconti vengono partoriti durante un grottesco e assurdo ritiro di tre mesi per aspiranti scrittori che vede come protagonisti diciannove estranei, costretti a vivere insieme, chiusi in un teatro in disuso, con scorte di cibo, vestiti di scena, camerini e la loro fantasia. Questa convivenza forzata che fa uscire anche il peggio della loro natura. Palaniuck non delizia con questo romanzo, anzi disgusta, ponendo l'attezione su ciò che c'è di più disfunzionale e violento nell'uomo moderno.
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Marco Pietropaolo 22 novembre 2016
Qui troviamo un Palahniuk in grande spolvero, negli anni d'oro. Ci regala una raccolta di racconti che somiglia a un Decameron in chiave moderna, tra il grottesco e il pulp. È un romanzo ricco di spunti di riflessioni sulla società moderna, sulle sue assurdità, sulla sua violenza, ma non solo: è anche un'analisi dell'animo umano, della sua continua ricerca di attenzione, di approvazione e di amore. Sconsigliato a chi è troppo sensibile alla violenza.
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