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Rivista a molti anni di distanza questa prima fatica cinematografica del mostro color verde, e prima dell’avvento di Mark Ruffalo nei panni dello scienziato Bruce Banner, pare uscita letteralmente da un’altra era geologica della ‘fabbrica delle meraviglie’, prima di tutto generata al termine di lunghe riscritture di sceneggiatura e dissapori in seno alla produzione ma anche figlia di una visione che non prevedeva una coesione totale, in termini di Universo cinematografico Marvel. Ciò nonostante la pellicola firmata da Ang Lee, fra le meno remunerative al botteghino e in termini di appeal su critica e pubblico, risulta ben strutturata e centrata. Con protagonisti che sanno muoversi su fondali color verde necessari per le inevitabili sfuriate causate dalle trasformazioni di dottor Banner, impersonato da un Eric Bana troppo velocemente accantonato dal ruolo di uno scienziato carico dei soliti super problemi che contraddistinguono i super eroi Marvel, ma anche capace di donare al personaggio quel pathos e quei drammi personali che poi vennero esaltati al meglio nel reboot del 2008 da Ed Norton. Il film risulta chiaramente diviso in due parti necessarie per esprimere prima le difficoltà del personaggio e del suo alter ego, e l’evolversi dei rapporti fra genitori e figli e fra ex fidanzati, in tal caso la collega di Banner: Betty Ross, impersonata da Jennifer Connelly. Nella seconda metà invece la pellicola da completamente spazio a Hulk e all’azione e quindi agli effetti speciali. Film che quindi pur non avendo brillato a causa della completa assenza di controllabilità da parte di Banner rispetto al suo alter – ego, non a caso dopo la riscrittura del 2008 il personaggio ricompare solamente affianco agli altri Avengers, ma che al tempo stesso non va disprezzato per la capacità di offrire dignità a uno dei personaggi su carta fra i più complessi da trasporre a causa della sua inevitabile natura.
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