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Anno edizione: 2018
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La solitudine è una e tante solitudini. Si trova in un luogo, esterno o interiore, ma soprattutto è un luogo: una città, una strada, un locale, una casa. È il far coincidere un'esperienza con uno spazio geografico che più mi ha affascinato di "Città sola" di Olivia Laing. Nessuna mia esperienza è paragonabile a quella di Andy Warhol: non ho la sua arte, il suo naso, i suoi polmoni perforati. Così come per la rabbia di Hopper, la vita di strada di Wojnarowicz. Ma alcune scene della loro vita ricordano la mia, e New York è Torino e Firenze. Le fonti dell'isolamento sono diverse, la sensazione di diversità pure. Così come le declinazioni della solitudine sono varie (handicap, sofferenza, condanna, salvezza, agonia, benedizione, dannazione, fortuna, destino), anche le esperienze di chi la vive, di chi le vive, e i modi di affrontarla, di affrontarle, lo sono. Nelle vite degli altri possiamo trovare le nostre stesse paure e ossessioni, il coraggio di accettare il peso di questa esperienza che ci è sempre mancato e l'odore delle sue ceneri sparse sul pavimento sul quale dormiamo la notte, insieme ad altre persone sole e dannate. Un libro sulla solitudine, che parla di quanto ci si senta soli, è un libro che mette in relazione loneliness e linguaggio: le parole che mancano, le frasi che non ha senso pronunciare perché tanto nessuno capirebbe, le storie che hai vissuto e vorresti raccontare ma non vuoi o non puoi o non riesci a dire. Solitudine come luogo e come parola, che manca o che manca il bersaglio. Siamo tutti incapaci di definire l'essere e il sentirsi soli e di sintonizzare la nostra empatia con il malessere degli altri, eppure tutti sguazziamo da soli in spazi altrettanto soli e che sono gli stessi per ciascuno di noi. Sono cose che si sanno e che si vivono, e non c'è di certo bisogno che un libro ce le spieghi. Ma è bene che ce le ricordi.
Solitudine. Solitudine desiderata e odiata. Solitudine scientifica e artistica. Solitudine causata da noi stessi o dal mondo che ci circonda. Sono infiniti gli aspetti della solitudine, ma l'unico punto in comune è che, in un modo o nell'altro, finiamo tutti per confrontarci con essa. Gli esiti di questo contatto sono sempre incerti, perché sta a noi decidere come affrontarla, conoscerla e farla nostra, fuggirla o soccombere ad essa. Tra le pagine di questo saggio, nato da un episodio personale dell'autrice, emergono tutti questi aspetti della solitudine, incarnati nelle vite di tanti esponenti del mondo artistico che ha animato la storia culturale di New York, sfondo di questo saggio/biografia/autobiografia, da quelli più noti come Andy Warhol, Edward Hopper e Greta Garbo a quelli meno noti come Henry Darger e David Wojnarowicz, uomini e donne che hanno preso la loro solitudine e l'hanno sublimata, dandole forme che ancora oggi possiamo vedere nei musei o in centri culturali o possiamo ascoltare su vecchi nastri o dischi. Anche la solitudine è una parte del nostro Io.
"La solitudine è un posto affollato, una città a sé stante". Solitudine come condizione presente e alienante della modernità, soprattutto nei luoghi più affollati, nelle grandi metropoli dove il senso di isolamento si fa sentire ancora più drammaticamente. Quanto è una scelta volontaria? Quanto una situazione determinata dal sentirsi diversi dagli altri? Attraverso le esperienze di alcuni artisti che hanno vissuto in maniera tormentata sfidando pregiudizi ed ossessioni, la Laing ci ricorda quanto la solitudine sia allo stesso tempo mancanza e ricerca di contatto umano, di riconoscimento, di sentirsi accettati e compresi anche in quest'era digitale.
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