Bella idea, anche un po’ divertente! Ma ho faticato a finirlo, la scrittura non semplifica la lettura, e non coinvolge del tutto. Peccato!
Il club degli uomini
Uscito per la prima volta nel 1981, Il club degli uomini oggi piú che mai appare per quel che è: il romanzo definitivo e attualissimo sull'identità maschile.
«Un Grande Freddo fra estranei che si riuniscono per raccontarsi le proprie inettitudini sentimentali. Attraverso la forma del romanzo, Leonard Michaels compone un esilarante trattato sulla banalità del maschile a costante rischio di misoginia, che nel ridicolo trova la sua tenerezza» - Diego De Silva
«In tutta la sua carriera Leonard Michaels non ha scritto una sola frase noiosa» - The Boston Globe
«Le donne volevano parlare di rabbia, di identità, di politica, eccetera»
Siamo alla fine degli anni Settanta e le donne, be', le donne parlano. Si riuniscono in collettivi e gruppi. Si organizzano. Si incazzano. E gli uomini, che fanno gli uomini quando sono tra loro, da soli? Per le donne resta un mistero, ma forse un po' anche per gli uomini, almeno a giudicare dalle perplessità del narratore quando Cavanaugh, un uomo di successo, senza crepe, lo invita a unirsi a «una normale occasione sociale al di fuori del lavoro e del matrimonio». E finisce cosí una sera nella taverna di uno sconosciuto, insieme ad altri sei, tutti non piú giovani ma certo non ancora vecchi. Ognuno di loro ha un passato non abbastanza lontano per essere davvero dimenticato. Ognuno ha il ricordo di una donna posseduta come non si è posseduta nessun'altra. Ognuno ha perso qualcosa che teme di non poter trovare mai piú. Ognuno sente il bisogno di confessare il proprio fallimento. Nonostante sia stato uno scrittore tutto sommato poco prolifico, già in vita Leonard Michaels era stato accostato ai grandi maestri della tradizione ebraica suoi contemporanei o poco piú vecchi, come Saul Bellow, Bernard Malamud, Norman Mailer e Philip Roth. Michaels aveva un dono: ogni cosa che scriveva prendeva vita. La profondità con cui sapeva esplorare il cuore degli uomini, la sicurezza con cui si muoveva negli ambigui territori delle relazioni sentimentali, il controllo magistrale che aveva di ogni elemento della scrittura, ne hanno fatto l'oggetto, negli Stati Uniti, di un culto tanto profondo quanto diffuso anche a quindici anni dalla morte (avvenuta nel 2003). «Čechov e Kafka, dopo essersi rivolti a Chaucer, avrebbero potuto scrivere un libro del genere».
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Anno edizione:2018
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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flore 04 novembre 2024
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Sylvia (cfr. mio breve commento) è un romanzo notevole e mostra l'abilità di questo poco prolifico, ma efficacissimo scrittore novecentesco nel trattare il tema della follia e nel penetrare profondi recessi della mente femminile (non nel senso sessista, ma nell'ambito di uno studio approfondito della rabbia, delle nevrosi, delle pulsioni). Qui invece, in questo breve romanzo apparentemente banale (banale è la cornice del racconto, il club maschile in cui si riuniscono amici e sconosciuti, banali, in parte, gli episodi di tradimenti e conquiste femminili narrati in quel contesto), è la follia maschile a fungere da protagonista.
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Una notte, sette uomini che si riuniscono in un club, lontani dalle loro donne e amanti, raccontandosi le proprie vicissitudini e inettitudini sentimentali. Eppure le donne sono vive e presenti, nelle parole di ciascun uomo, nel ricordare ciò che è stato e ciò che è. Ognuno libero di confessare il proprio fallimento. "Un esilarante trattato sulle banalità del maschile a costante rischio di misoginia, che nel ridicolo trova la sua tenerezza"
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