Nel 1984 Focault tiene l'ultimo corso al Collège de France,e muore pochi mesi dopo.Queste circostanze gettano una luce particolare sul corso,che si è portati a leggere come una sorta di testamento spirituale,in cui ricorre spesso il tema della morte.La domanda centrale ruota intorno al ruolo della verità,in ambito politico e nei rapporti di potere,considerata come colonna portante dell'esistenza umana.
Il coraggio della verità. Il governo di sé e degli altri II. Corso al Collège de France (1984)
Quello del 1984 è l'ultimo corso tenuto da Michel Foucault al Collège de France. Già malato, comincia le lezioni solo a febbraio per terminarle alla fine di marzo. Muore pochi mesi dopo, il 25 giugno. Queste circostanze gettano una luce particolare sul corso, che si è portati a leggere come una sorta di testamento spirituale, dove il tema della morte ricorre frequentemente. Il corso prosegue e radicalizza le analisi condotte l'anno precedente. Anche qui, la domanda centrale ruota intorno alla funzione del "dire-il-vero" e al ruolo che la verità riveste nell'ambito della politica e dei rapporti di potere. Si tratta in sostanza di stabilire, nell'ambito della democrazia, un certo numero di condizioni etiche che sono irriducibili alle regole formali del consenso ma che fanno appello alla dimensione morale individuale: il coraggio di fronte al pericolo e la coerenza. Foucault ritorna alle radici della filosofia greca, rivalutandone l'idea di democrazia contrapposta a ogni forma di tirannia, antica e moderna. Nella morte di Socrate non emerge la paura di morire, ma l'angoscia di non poter portare a compimento la propria "missione essenziale", il compito che dà senso a una vita. Attraverso una rivalutazione del pensiero dei cinici viene sottolineata sia l'importanza di un radicale ritorno all'elementarità dell'esistenza sia lo "scandalo della vita vera": al tempo stesso provocazione pubblica e pratica filosofica, che comporta un accoglimento dell'essenzialità delle cose.
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Anno edizione:2016
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Nel 1984 Michel Foucault tiene il suo ultimo corso al Collège de France, Il coraggio della verità, mentre è entrato nello stato terminale dell´Aids che lo porterà via dopo pochi mesi. La trascrizione delle lezioni fissate esce ora in traduzione italiana a cura di Mario Galzigna (per Feltrinelli). Foucault è stanco ma vuole portare a termine il compito che si era assegnato l´anno prima: svolgere una storia della parresia, il dire la verità a costo della vita, dalla sua nascita in Grecia ai suoi sviluppi nel Medio Evo (la predica e l´università) sino ai moderni, dove il parresiaste sembra trasformarsi nella figura del rivoluzionario. Un percorso che si completa nelle ultime lezioni di Foucault, dove l´eroe terminale è proprio Socrate morente, ossia l´antieroe di Nietzsche, che ci vedeva quello che, morendo, aveva imposto la falsa equazione tra sapere, virtù e felicità. Per Foucault, invece, Socrate è il parresiaste per eccellenza. Socrate vuol dire la verità, in pubblico e a costo della vita. Il punto culminante è la lezione dedicata alla morte di Socrate, che si conclude così: “Come professore di filosofia, bisogna aver tenuto, almeno una volta nella propria vita, un corso su Socrate e sulla sua morte. L´invocazione è ironica, come sempre in Foucault, ma il tema non lo è affatto. Perché Socrate, per Foucault, rappresenta ora la quintessenza del rischio di una verità che rende liberi e non schiavi.
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Di questo libro, che raccoglie le ultime lezioni tenute da Foucault al collège de France prima di morire, ho letto solo la parte dedicata alla descrizione dell' aleturgia e ne sono rimasta folgorata. Per il sociologo, l' aleturgia è una disposizione etica, un "dire e un vivere per il vero" che si è realizzata completamente nell'esistenza dei cinici, in cui Foucault intravede il vero significato della vita filosofica, una vita "abbaiante", da cane da guardia, che dimostra con i fatti come ci si deve comportare davanti a certe situazioni. L' aleturgia è, quindi, la messa in pratica della parresia, intesa come attività discorsiva - esplicitatasi magistralmente nella vita politica ateniese, nella democrazia periclea - in cui verità e opinione coincidono. Poiché,infatti, la politica è praxis, ovvero un'azione in cui la posta in gioco è la verità, non basta, secondo Foucault, dire la verità che diciamo e che pensiamo, ma bisogna essere in grado di incarnarla nelle nostre azioni, scegliendo un modo di vivere in relazione con la verità, che ci consenta, cioè, di mostrare agli altri il rapporto che intratteniamo con la verità, ovvero, in altre parole: chi siamo . Il cinico in questo è stato un campione di verità, perché ha scelto un'esistenza randagia, indifferente ai bisogni e scevra dal lusso, ma al tempo stesso fedele al rigore morale. Non a caso l'espressione "cinico" deriva da "kunos" che significa appunto "cane". La vita cinica è una vita autentica, non dissimulata, che sa smascherare la falsità di ogni condizionamento sociale e, più in generale, del potere, perché il cinico non è solo un re di resistenza che combatte per cambiare l'umanità nelle sue convenzioni e convinzioni, ma è prima di tutto l'anti-re che, davanti ai sovrani seduti sul trono, ha il coraggio di rivelare agli altri uomini quanto può essere ingannevole la "regalità politica". Tristemente vera e soprattutto attuale la metafora del cinismo come specchio infranto della filosofia.
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