Un’amica ieri –era domenica e il cielo era carico di blu azzurrato- mi ha detto che stava guardando la sua verdure sul terrazzo, precisamente stava togliendo dalla gronda delle piantine di Oxalis e una temeraria Viola del pensiero alta un centimetro che avrebbe interrato alla base di una pianta sempreverde di cui né io né lei sappiamo il nome, con foglie che ricordano l’alloro e che col freddo diventano rosso-viola. Verdure in francese è vegetazione, verde, paesaggio naturale precisa nella prima pagina Serena Dandini nel suo libro Dai diamanti non nasce niente, Storie di vita e di giardini. Dunque anche il muschio nella gronda, il Gelsomino in vaso, la Hoya che ha sedotto almeno cento api e le ha condotte nella mia veranda qualche giorno fa- c’est verdure, encore verdure. Senza le esagerazioni dei fiori appuntati sulle giacche dei signori eleganti, le ricorrenze festeggiate con fasci di rose rosso cardinale, scure e vellutate come tende di teatro [che percorrono migliaia di chilometri nei camion frigo], senza il gesto colpevole (e assolutorio) di André Breton che riempì di tuberose la consorte che stava lasciando o quello in situazioni simili dell’amica di Stefan Zweig –questa volta erano rose rosse- o le manie di Federico Fellini o di Gabriele D’Annunzio –tralasciando gli esagerati, appunto, chi ama la verdure, la verzura, il verde, chi ama la bellezza e vuole esserne artefice [è poi questo il punto] si fa un giardino. Se lo costruisce. Con secchielli, vasi di coccio, vasche e vaschette, si fa un semenzaio, comincia a pensare a un bidone di rifiuti organici per l’humus, si interessa ai cataloghi olandesi di bulbi, si appassiona delle orchidee, poi si appassiona ai pelargoni, poi ai vari tipi di Ficus, quello piccolo, Pumila, con le foglie screziate e delicate, quello Lira, gigante… Poi se questa manìa ci coglie e abbiamo a disposizione un minimo di terreno, le passioni si moltiplicano non per talea ma per desiderio –è molto di più. Il libro della Dandini fa sentire questa passione, la comunica con il linguaggio diretto e sciolto che conosciamo di lei, con rimandi alla letteratura e velatamente alla politica. “Abbiamo bisogno di una cornice che definisca per noi una porzione delimitata di paesaggio su cui posare gli occhi [o] ci sentiamo persi”, abbiamo bisogno di “quinte verdi”, di porzioni piccole, anche se l’occhio riposa nelle distese verdi, l’animo si ritempra passeggiando nel giardino di Castel Trauttmansdorff a un passo da Merano, dodici ettari di ambienti verdi dall’orto di montagna agli agrumeti, dalle salvie alle mente, ai tunnel di rose, a quelli di uva, ai lillà. La porzione del nostro giardino ci sembrerà tropo poco e allora ci faremo arrivare per posta buste di semi e di bulbi, andremo da Sgaravatti a comprare il dragoncello che ancora ci manca nell’angolo delle aromatiche, una Dipladenia rosa confetto e un tulle di Euphorbia Diamond perché c’è ancora mezzo metro di piastrelle sul balconcino… Ma se avessi ancora spazio, ancora piastrelle, metterei una tinozza o meglio una bio-tinozza, creerei un substrato fangoso e proverei a far crescere dei fior di Loto: Serena Dandini dice a pag.33 del suo libro bellissimo che “ciò che sembra uno spettacolo per pochi eletti è invece alla portata di tutti”. Dalla fanghiglia nasce questo spettacolo di fiore dall’aspetto delicato e nobile con foglie rotonde, appena appoggiate sull’acqua. Lei, la Dandini, amerebbe insieme anche le carpe, “le carpe per amiche”, bianche striate di rosso come nei dipinti giapponesi. Io lascerei solo spazio per le casette degli uccelli, i verdoni, le famiglie di merli, il gruccione con la coda azzurra, e spererei di vedere il picchio che ogni giorno sento martellare –invisibile- sul tronco dei bagolari in riva al Po.
Dai diamanti non nasce niente. Storie di vita e di giardini
Cos’hanno in comune la regina Maria Antonietta, Vandana Shiva, Peter Sellers, Fabrizio De André, Virginia Woolf e George Harrison? La risposta è nel libro che avete tra le mani: il racconto di una passione che si intreccia, inestricabile come un gelsomino rampicante, con amori letterari, pittorici e cinematografici, ricordi di viaggi, aneddoti di vita giardiniera e riflessioni sulle sfide e le frontiere della felicità sostenibile. Serena Dandini ci conduce in una passeggiata sentimentale alla ricerca della bellezza che potrà salvarci, con un libro dedicato “a chi voleva cambiare il mondo e invece dopo un po’ si è accorto che è stato il mondo a cambiargli i connotati”. Viaggiando tra parchi incantati e vivai sconosciuti, imbarcandoci sulle navi di cacciatori di piante d’altri tempi, sbirciando gli amori romantici per un raffinato musicista o per un carico di concime, scopriamo insieme con lei che non è mai troppo tardi per mettere dei fiori nei nostri cannoni e bombardare almeno il perimetro del balconcino di casa. Perché, come recita un antico proverbio cinese, chi pianta un giardino semina la felicità. ]]>
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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EMA DOVANO 06 marzo 2012
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MARGHERITA MARIANI 20 dicembre 2011
Piante e non solo ! Contenuti non scontati e una Dandini in super forma rendono questo libro una lettura piacevole, da affrontare con la stessa calma con cui la scrittrice ci suggerisce di affrontar la vita ! Ottima idea regalo !
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ROBERTA DELLA REGINA 15 agosto 2011
Divertente, rilassante, leggero ma allo stesso tempo ricco di cultura. Serena Dandini trasmette una grande passione per il giardinaggio tale da creare curiosità e voglia di coltivare varie specie floreali. Ci permette di capire che nella ns. vita frenetica dobbiamo imparare a rallentare, attendere e resistere... Roberta D.R.
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