Si parte piano, tra le vicende e i dialetti (aspetto estremamente curato, sembra un romanzo verista) dei personaggi, ma poi la realtà della guerra in ex Jugoslavia ti colpisce con tutta la sua forza. Non sempre facile da leggere, ma merita di essere letto fino in fondo
Dannati e condannati. Welcome to Sarajevo
Matteo Lovoci vive a Villari, una cittadina sul confine della Basilicata, in cui la vita scorre lenta, ci si conosce un po’ tutti e le notizie circolano tra i bar e i confessionali della parrocchia di don Mico. È il ’94 quando il ragazzo riceve la chiamata per la leva obbligatoria. Lui è un pacifista, non vorrebbe andare e non vorrebbe sparare, ma sa che se non lo facesse perderebbe il posto in polizia «ereditato» da suo padre. Così parte e, dopo un mese al centro di addestramento reclute di Orvieto, passa ai lancieri di Montebello dove viene promosso caporale. In poco tempo Matteo si accorge che impartire ordini gli piace e che qualcosa dentro di lui sta cambiando. Perciò decide di tentare il concorso per ufficiale che supera brillantemente. Nel ’96 il tenente Lovoci salpa da Brindisi, a bordo della San Giorgio per la Bosnia, in «missione di pace» convinto di tornare in Italia col suo plotone al completo: Antonio Riccio, arruolato per fuggire alla miseria del rione Sanità; Angelo Parisi pescatore di Mazara del Vallo, Gregorio Liviero, partito senza speranze dalla provincia di Caserta… Ma non sarà così. L’orrore della guerra, la paura delle bombe, la fame e la morte lo cambieranno per sempre. Terminata la missione i soldati tornano a casa, qualcuno sceglie di ripartire, altri di riprendere le abitudini di un tempo. E Matteo, che da Villari era partito con grandi ideali, lascia Sarajevo con nessuna certezza, tranne una: la pace è un’utopia.
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Anno edizione:2023
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In commercio dal:15 settembre 2023
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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laura 19 novembre 2023consigliato
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Giulio64 04 novembre 2023In dialetto meridionale
Avevo comprato questo libro attratto dalla storia di copertina, accattivante e attuale. Poi ho scoperto che tutto il testo è in dialetto meridionale, forse leggibile per gli autoctoni ma inavvicinabile per me. Un peccato perché mi sembra che i personaggi siano interessanti e la storia simpaticamente infarcita di fine ironia. Ci ho provato: ho ceduto verso pagina 50. Altri lettori più avvezzi con la lingua lo troveranno senz'altro migliore.
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