Scrittrice italiana. Pseudonimo di Vittoria Guerrini. Il padre Guido è musicista. La madre appartiene a una famiglia della buona borghesia bolognese.
Trascorre la prima infanzia a Bologna, all'Istituto Rizzoli del quale lo zio materno, Vittorio Putti, è direttore.
Il difetto cardiaco (che l'accompagnerà per tutta la vita) le impedisce di frequentare regolarmente la scuola («... fortuna immensa», dirà in proposito Elémire Zolla).
Studia da autodidatta sotto la guida del padre e di alcuni insegnanti privati. Impara le lingue leggendo Cervantes, Proust, Shakespeare.
Appassionata studiosa di Hofmannsthal, rivisita il mondo fantastico delle fiabe individuandone e decrittandone le simbologie.
È traduttrice e critica, in entrambi gli ambiti riuscendo a profondere originalità e acume non comuni. Fa parte del ristretto nucleo di intellettuali che favoriscono la diffusione dell'opera di Simone Weil in Italia. Negli anni cinquanta matura la sua formazione nella Firenze dei grandi poeti del tempo. Conosce Gianfranco Draghi, che la spinge a pubblicare i primi saggi nella rubrica della posta letteraria del Corriere dell’Adda e del Ticino.
Dal ’56 si trasfersce a Roma, dove resterà fino alla morte.
Studiosa di grandissimo valore, stabilisce intensi sodalizi umani e spirituali.
Fra le innumerevoli frequentazioni di rilievo: Luzi, Traverso, Turoldo, Bigongiari, Merini, Bemporad, Bazlen, Dalmati, Pound, Montale, Williams, Pieracci Harwell, Malaparte, Silone, Monicelli e Scheiwiller.
Tra i filosofi ricordiamo Elémire Zolla, con il quale intreccerà una relazione sentimentale negli ultimi vent'anni di vita. E ancora: Andrea Emo, Lanzo del Vasto, Maria Zambrano, Danilo Dolci - che sosterrà nei momenti difficili - ed Ernst Bernhard che la introduce al pensiero di Jung (del quale egli era stato allievo).
Consulente editoriale, scrive su importanti riviste e studia la mistica occidentale ed orientale, i grandi classici e i poeti di ogni tempo.
La sua metafisica della bellezza la spinge a una profonda riflessione sulla liturgia. Ritiene infatti che la sacralità dei riti e la comprensione del valore della trascendenza siano presìdi efficaci contro la minaccia incombente dell'impoverimento spirituale del mondo.
Dopo la morte del padre, nel 1965, si ritira sull'Aventino. Abita con Zolla a Villa Sant'Anselmo, un piccolo albergo che affaccia sull'omonima piazza e distante appena pochi passi dall'omonima abbazia, dove spesso si reca a pregare.
Quando il Concilio Vaticano II cancella la messa in latino e il canto gregoriano, Cristina Campo redige un manifesto-appello per la salvezza della liturgia tradizionale, e promuove una raccolta di firme decisamente importanti: Auden, Borges, Bresson, De Chirico, Del Noce, Dreyer Montale, Petrassi, Quasimodo, Waugh, Zolla e molti altri.
«Ho tante cose da dire! Quasi direi da salvare: tutta la tragica bellezza di ciò che è passato in noi e vicino a noi.»