(Montemurro, Potenza, 1908 - Roma 1981) poeta italiano. Laureatosi in ingegneria a Roma (1932), entrò in contatto con gli ambienti artistici della capitale, legandosi d’amicizia, in particolare, con G. Ungaretti e col pittore Scipione; contemporaneamente non trascurava gli studi scientifici. Si trasferì a Milano per occuparsi di architettura e di grafica, ma nel dopoguerra tornò a Roma e fondò e diresse la rivista «Civiltà delle macchine» (1953-59). L’interesse di S. per le «due culture» è palese in alcuni libri di prosa come Furor mathematicus (1944) e Horror vacui (1945). La poesia si rifà invece ai miti ancestrali, al «primitivismo» del sud, risolvendoli in un discorso che, dopo iniziali esiti ermetici (Cuore, 1927; 18 poesie, 1936; Campi Elisi, 1939), ha assunto via via un ritmo più disteso (I nuovi Campi Elisi, 1947) o, al contrario, toni di asciutta elegia, qua e là contratti in secchi giri epigrammatici, che non cancellano, peraltro, le cadenze favolose dell’immaginazione lirica: La vigna vecchia (1952), L’età della luna (1962), Il passero e il lebbroso (1970), Mosche in bottiglia (1975, premio Viareggio), Dimenticatoio (1978). Notevoli le prose di memoria raccolte in Fiori pari, fiori dispari (1945) e Belliboschi (1948), il cui motivo ricorrente è il conflitto tra inquietudine esistenziale e ricerca fiduciosa degli strumenti della ragione. Nel 2019 Mondadori pubblica Furor mathematicus e nel 2020 Racconti.