Georges Simenon, nella primavera del 1933, fece un viaggio nell’Unione Sovietica, toccando diverse località sulle sponde del mar Nero e fermandosi per otto giorni a Odessa, dove, accompagnato da una guida locale, ebbe modo di toccare con mano gli spaventosi effetti della carestia che travagliò a lungo quella nazione. Ritornato in Francia, intese parlare di quella sua esperienza , scrivendo un romanzo intitolato Le finestre di fronte che costituisce un preciso e non propagandistico atto di accusa contro il regime staliniano. In quest’opera l’autore è riuscito a rendere con straordinaria abilità una condizione di vita spersonalizzante, cupa, tenebrosa, in cui parlare era pericoloso, ma lo era anche stare zitti, in un grigiore di giorni ripetitivi in cui la popolazione locale si trascinava stancamente alla ricerca di un cibo, che già in quantità inadeguata, sovente mancava del tutto. E’ così’ una folla di cenciosi che popola le vie di Batum, la località dove è ambientata la vicenda, e non sono sufficienti gli slogan del partito comunista per incantare individui che ormai hanno perso ogni speranza. Ovunque è presente la polizia politica che vigila e schiaccia, che imprigiona e uccide, e in questo contesto avviene la vicenda del nuovo console turco Adil bey, arrivato per sostituire il precedente morto improvvisamente; lui, i consoli iraniano e italiano, e il direttore americano della Standard Oil che gestisce la raffineria di petrolio sono gli unici stranieri che risiedono in città e, a dispetto delle convenzioni internazionali, sono essi stessi prigionieri dell’invisibile ragnatela con cui le autorità li hanno avvolti. Il diplomatico turco cercherà di uscirne, coinvolgendo anche la segretaria russa di cui è innamorato; ce la farà, ma ciò che ha visto, ciò di cui è stato testimone, attore e vittima al tempo stesso, lo accompagnerà per il resto dei suoi giorni. Le finestre di fronte non si può considerare un noir tipico, anche se c’è un tentativo di omicidio, ma è una sorta di apologo sull’incapacità dell’uomo di essere completamente libero, anche nell’amore, qui riproposto secondo il classico dualismo di eros e thanatos. É incredibile la capacità di Simenon di descrivere il “paradiso” staliniano, di farci scendere progressivamente nella cripta degli uomini senza domani, senza oggi e senza ieri, esseri che vegetano in una condizione chiusa e senza speranza. Da leggere, è un capolavoro.
Le finestre di fronte
Siamo a Batum, sul Mar Nero, nei primi anni di Stalin. Adil bey è il nuovo console turco. Comincia a guardarsi intorno. Entra nel suo ufficio, «sporco di quella sporcizia lugubre che si ritrova nelle caserme e in certi uffici pubblici». Dà unocchiata fuori e vede due persone affacciate alla finestra di fronte. «Prendevano il fresco, nelloscurità, in silenzio». Più tardi vedrà il punto rosso di una sigaretta nel buio di quella finestra. Adil bey avverte subito un invincibile disagio, in quella città desolante, dove tutto lo respinge, dove ogni significato è dubbio e sfuggente. E si sente preso in una rete: sguardi, mezze parole, contrattempi, scene intraviste. Capisce di essere un insetto condannato a contemplare la ragnatela che lo imprigiona. Continua a guardare le finestre di fronte, con maggiore curiosità di quella che mostrano gli altri a osservare lui. Spia le spie, e intanto anche il suo corpo sembra intaccato, una cupa rabbia si unisce alla paura. E langoscia si espande, nulla può arrestarla. Su questa scena si consuma una storia di amore, inganno e morte.
Pubblicato nel 1933, quando la natura della Russia di Stalin era ancora ignota allesterno, e nessuno poteva raccontarla dallinterno, questo romanzo è una prova sconcertante della precisione visionaria di Simenon. Nel ritmo torpido e maligno della vita a Batum troviamo tutti i tratti dellossessione poliziesca che fa da sfondo al nostro tempo. Nulla di essenziale cè da aggiungere a questa immagine, che ha una sonnambolica sicurezza. Non vi è qui alcuna preoccupazione ideologica: sola allopera è la capacità primordiale di cogliere unaria, unaura, unessenza nascosta. Così, forse senza accorgersene, Simenon ha scritto il romanzo russo di quegli anni che altri non hanno potuto scrivere.
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Autore:
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Traduttore:
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Editore:
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Collana:
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Edizione:9
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Anno edizione:1985
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Renzo Montagnoli 10 gennaio 2017
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Marco Bertagna 22 novembre 2016
Simenon toccò solo di striscio l'Unione Sovietica (vacanza con la moglie negli anni '30 che lo portò a Batumi) ma, nonostante ciò, seppe tracciare, come solo i grandi scrittori possono fare, un ritratto estremamente fedele della vita angosciante che la popolazione vi conduceva quotidianamente sotto la cappa della dittatura staliniana. La trama poggia sul personaggio di Adil Bey, nuovo console turco a Batumi, che si insedia sostituendo il precedente, morto in circostanze mai chiarite. Poco a poco Adil Bey comincia a capire, a percepire il clima angosciante, di sospetto e doppiogioco, in cui si muove lui e si muovono le persone che lo circondano, come la segretaria che gli hanno affiancato. La quale, dopo lavoro, si reca sempre a dormire nell'appartamento del fratello, situato esattamente dirimpetto allo squallido appartamento/ufficio del nuovo console turco. Atmosfere stupendamente rese, trama interessante e coinvolgente, perspicuità nel capire e nel far capire, già allora, cos'era la vita quotidiana in una provincia sovietica. Per me, amante della storia di quei paesi (URSS e Georgia in particolare), un libro magnifico.
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