Un tema abbastanza comune nella narrativa, ma trattato con eleganza e personalità. Un'atmosfera malinconica, che solo sul finale lascia passare qualche raggio di sole. Una scrittura originale, con diverse citazioni più o meno palesi, che riesce ad essere surreale e al contempo parlare della semplice quotidianità della vita.
Hotel Silence
Finalista al Premio Strega Europeo 2018
Auður Ólafsdóttir ha scritto il suo romanzo piú bello, il piú essenziale, tenero e ironico. Un libro che è un segno di pace, una stretta di mano laica che ci riavvicina a quanto di umano dentro di noi resiste agli orrori del mondo.
«La pelle è l'organo più grande del corpo umano. In un adulto la pelle occupa una superficie di due metri quadri e pesa circa cinque chili. Per altri esseri viventi si parla piuttosto di manto, o di pelame. In antico islandese la parola "pelle" aveva anche il significato di carne.»
Jónas ha quarantanove anni e un talento speciale per riparare le cose. La sua vita, però, non è facile da sistemare: ha appena divorziato, la sua ex moglie gli ha rivelato che la loro amatissima figlia in realtà non è sua, e sua madre è smarrita nelle nebbie della demenza. Tutti i suoi punti di riferimento sono svaniti all'improvviso e Jónas non sa piú chi è. Nemmeno il ritrovamento dei suoi diari di gioventú, pieni di appunti su formazioni nuvolose, corpi celesti e corpi di ragazze, lo aiuta: quel giovane che era oggi gli appare come un estraneo, tutta la sua esistenza una menzogna. Comincia a pensare al suicidio, studiando attentamente tutti i possibili sistemi e tutte le variabili, da uomo pratico qual è. Non vuole però che sia sua figlia a trovare il suo corpo, e decide di andare a morire all'estero. La scelta ricade su un paese appena uscito da una terribile guerra civile e ancora disseminato di edifici distrutti e mine antiuomo. Jónas prende una stanza nel remoto Hotel Silence, dove sbarca con un solo cambio di vestiti e la sua irrinunciabile cassetta degli attrezzi. Ma l'incontro con le persone del posto e le loro ferite, in particolare con i due giovanissimi gestori dell'albergo, un fratello e una sorella sopravvissuti alla distruzione, e con il silenzioso bambino di lei, fa slittare il suo progetto giorno dopo giorno...Auður Ólafsdóttir ha scritto il suo romanzo piú bello, il piú essenziale, tenero e ironico. Un libro che è un segno di pace, una stretta di mano laica che ci riavvicina a quanto di umano dentro di noi resiste agli orrori del mondo.
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Autore:
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Traduttore:
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Editore:
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Collana:
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Anno edizione:2018
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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LakesMeadow 11 marzo 2022
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giulia rosolen 28 settembre 2021
Hotel silence è stato eletto miglior libro dell'anno dai lettori islandesi, mi sono convinta ad acquistarlo per questa regione, ma soprattutto per la simpatia, o meglio per l'empatia, che ho subito provato per Jonas. Jonas, il protagonista del racconto ha un talento speciale per riparare le cose. Se c'è una cosa che non riesce a riparare quella è la sua vita: ha appena divorziato, la sua ex moglie gli ha rivelato che la loro amatissima figlia in realtà non è sua, e sua madre è smarrita nelle nebbie della demenza. La vita di Jónas ruotava intorno a queste tre figure, «io faccio quello che le tre Guðrún della mia vita mi chiedono di fare», e ora la sua esistenza sembra aver perso di senso. Non si riconosce più davanti lo specchio: «Mi sento i muscoli della parte superiore del braccio, e mi sento gli addominali, ma non saprei dire se io sono quello oppure l’altro. Da questa parte ci sono io e dall’altra il mio corpo. Entrambi estranei allo stesso modo». E sceglie di farla finita. E per farlo decide di lasciare l’Islanda. Pianifica nei minimi dettagli il suo suicidio. Ha deciso quasi tutti ma non ha fatto i conti con l'imprevedibilità della vita e con la sua devastante bellezza. Anche se l'epilogo è prevedibile e in parte banale è quello che ognuno di noi si attende quando lo compra. Love is all you need avrebbero detto i Beatles e con loro anche Auður Ava Ólafsdóttir, forse in modo più malinconico e decisamente più islandese. Forse è proprio vero che bisogna allontanarsi dalle cose per vederle tutte intere.
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ROSA TURBOLI 16 maggio 2018
Veniamo alla luce nudi, e questa è una buona cosa, visto che almeno per una manciata di minuti saremo tutti uguali. Cosa meno buona è che non ci venga fornita una cassetta degli attrezzi con cui poter intervenire prontamente per rimediare ai danni che inevitabilmente subiremo una volta vestiti. Jónas non si separa mai dalla sua cassetta degli attrezzi. Jónas ripara le cose, e le ripara velocemente e bene, ma non è in grado di riparare la sua vita che da tempo perde i pezzi, e ha appena perso il pezzo fondamentale. Jónas, per ritrovare il suo ruolo nella vita, dovrà trovare un posto dove tutte le cose sono da riparare. Un romanzo breve, nitido e soffuso di una poetica malinconia priva di autocompiacimento. Un romanzo che fa perno su una figura mite e solitaria per narrarci la violenza e la follia dell’uomo mutato in collettività. Una perla narrativa che conferma la Ólafsdóttir ai vertici della letteratura islandese. In definitiva, una storia che sarà amata da chi sappia gustare una Nouvelle Cuisine letteraria e deluderà chi sia in cerca di una trama con cui abbuffarsi.
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