Il testo non fa menzione di personaggi, luoghi o tempi. La storia in sé è anche interessante, ma forse la totale assenza di riferimenti la fa risultare troppo aliena al lettore, rendendone (a mio parere) un po' difficile l'immedesimazione con la storia. È in ogni caso un testo che si legge facilmente.
Hotel Silence
Un romanzo poetico e delicato, un inno alla capacità della vita di rigenerarsi e trasformarsi.
«La raffinata partitura di una fuga che si inoltra nelle profondità delle delusioni. Uno stupendo apologo sulla forza della vita». - La Repubblica
«Un affascinante concentrato di poesia e fantasia, un piccolo incantesimo che conquista il lettore trascinandolo in un mondo straniante e sospeso».
Jónas ha quarantanove anni e un talento speciale per riparare le cose. La sua vita, però, non è facile da sistemare: ha appena divorziato, la sua ex moglie gli ha rivelato che la loro amatissima figlia in realtà non è sua, e sua madre è smarrita nelle nebbie della demenza. Tutti i suoi punti di riferimento sono svaniti all'improvviso. Niente sembra avere piú senso: Jónas vuole farla finita, ma quando lascia l'Islanda per attuare il suo progetto lontano da tutti, scoprirà che c'è sempre una seconda possibilità. Traduzione di Stefano Rosatti.
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Autore:
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Anno edizione:2019
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Formato:Tascabile
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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LuigiAmendola 23 novembre 2022Un libro senza luoghi
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AnnaliFe 14 novembre 2022Pensieroso, piacevole, con difetti
C’è Tizio,separato, con figlia e un amico, uomo sull’orlo della depressione (sull’orlo? No, forse proprio cadutoci dentro alla grande) che per più di un terzo delle pagine ci diletta con i suoi pensieri depressi di uomo triste, depresso (l’ho già detto?), deluso dalla vita, anzi, sconfitto dalla vita, disinteressato ai giorni che verranno e preoccupato soltanto (gentilissimo) di non dare troppo disturbo a chi ha intorno quando toglierà il disturbo (da questa vita). Poi il romanzo (meglio, racconto lungo) cambia: lo sguardo un po’ ombelicale del depresso è costretto ad allargarsi; altri personaggi entrano nella sua vita e nella storia, le cose si complicano (dal punto di vista narrativo) e la vicenda si fa più agevole da seguire. Si parla di guerra, devastazione, morte, rovine, segni di proiettili nei muri, e segni nella mente e nel cuore delle persone. Il protagonista (e noi con lui) ragiona perciò sulla vita, sugli orrori della guerra, sulle speranze che, nonostante tutto, animano gli abitanti di una cittadina sconosciuta di tornare ad una esistenza normale. Le pagine procedono veloci, con levità, direi, e anche gli aspetti o gli episodi che potrebbero essere più truci o aspri scorrono via senza difficoltà, lasciano il posto a un nuovo episodio, ci toccano ma ci lasciano subito liberi di pensare ad altro. E tuttavia il racconto risulta, alla fine, un po’ slegato; certe soluzioni, un certo sciogliersi degli eventi, risultano in qualche caso improvvisi; i titoli dei capitoli, alcuni brevi, altri lunghissimi, sembrano messi lì perché tu trovi qualche profondo, intimo e significativo legame con ciò che li seguirà, eppure io credo di averne capito soltanto uno; la metafora dell’armadietto (così mi è venuto di chiamarla), come già detto, è un po’ logora; e anche il finale, boh, lascia un po’ perplessi (forse bisognava mandare Altrove anche qualcun altro). Piacevole lettura, con qualche bella riflessione, ma non certo capolavoro.
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Koalakia 21 aprile 2022#maiunagioia ma tra i fiordi
A quarantanove anni Jónas è la versione nordica, languida e irrimediabilmente depressa del #maiunagioia: divorziato da mo' ma ancora innamorato, ha appena appreso di non essere il padre di quella che da venti e più anni chiama figlia; sua madre soffre di demenza e insomma farla finita - ma all'estero - gli pare la scelta più ovvia. Anomalo, a tratti bellino, penso adatto agli estimatori del genere nordico, un po' lento e brumoso.
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