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IO, LORO E LARA : lo sguardo ironicamente impietoso di Verdone sull’Italia di oggi A trent’anni dall’esordio con “Un sacco bello”, Carlo Verdone gira uno dei suoi film meglio riusciti: “Io, Loro e Lara” è una commedia scritta egregiamente, di impianto teatrale, si svolge quasi tutta in interni e attraverso una narrazione inusuale per il regista romano fa un ritratto impietoso dello stato della società italiana contemporanea. Partendo da una crisi spirituale che colpisce Don Carlo Mascolo, missionario in Kenia, la storia si trasferisce in Italia dove il sacerdote è tornato per riferire ai superiori della sua condizione esistenziale; ricevuto il consiglio di riflettere per un po’ di tempo tornando a vivere a contatto con la propria famiglia, il prete si trova al cospetto di un quadro che non poteva minimamente immaginare, con l’anziano padre innamorato e sposato alla badante moldava, il fratello stressato agente finanziario che “tira” avanti drogandosi, la sorella ex-sessantottina psicologa nevrotica separata dal marito e con una figlia “emo”, clone femminile del cantante dei Tokio Hotel. Nessuno dei familiari pare intenzionato ad ascoltare i racconti della missione africana di Don Carlo che si trova travolto dall’isteria di chi ha intorno, dalla loro necessità di scaricare tutte le nevrosi sugli altri; e a complicare la situazione del sacerdote arriva Lara, figlia della donna che ha sposato suo padre, con una storia difficile alle spalle che sta tentando di raddrizzare grazie ad una svolta che volente o nolente coinvolgerà, sconvolgerà, l’intera famiglia Mascolo. L’eleganza che contraddistingue il tocco di Verdone nel raccontare storie anomale e tristemente reali della società moderna è un evidente simbolo della differenza di classe tra lui e i tanti che nel cinema d’oggi fanno commedia puntando sul timbro volgare e scollacciato per portare alla risata, facendo leva sui tormentoni e sulle battute scontate; vedendo “Io, Loro e Lara” ci si rende conto del meticoloso lavoro di sceneggiatura improntato a scolpire ognuno dei personaggi, tratteggiandoli con emozioni e debolezze, mostrando figure che caratterizzano la quotidianità del nostro paese. La volontà di rendere protagonista della storia un sacerdote è significativa, sia per superare l’immagine stereotipata che si ha di un certo clero sia perché non poteva esserci altro che un prete a rappresentare lo stupore dinanzi agli stravolgimenti sociali, e la crisi spirituale che si evidenzia nel film simboleggia la metafora di una coscienza individuale che si trova in difficoltà nel momento in cui si confronta con questa collettività così malsana e disorientata. Carlo Verdone pare essere in stato di grazia nell’interpretazione del missionario, e stupisce la capacità di portare sullo schermo una figura ecclesiastica completamente agli antipodi da quelle messe in scena precedentemente in carriera. Con una regia sapientemente leggera, quasi invisibile, la forza di questa commedia sta in un cast di attori che sorprende per l’ottimo livello recitativo a cominciare da Laura Chiatti, brava sia a mostrare il lato brillante che la forte personalità della complessa Lara; se Angela Finocchiaro già da qualche anno aspettava di tornare al comico dopo l’intensa metamorfosi drammatica, è addirittura spumeggiante l’interpretazione di Anna Bonaiuto alle prese con il ruolo dell’ansiosa e isterica psicologa. Prova da grande caratterista, nel solco della tradizione dei personaggi della commedia all’italiana anni ’60, quella di Marco Giallini che disegna magistralmente il personaggio del fratello Luigi, figura attualissima di quegli individui cinici e allo stesso tempo un po’ tristi che dandosi aria di uomini d’affari e di responsabilità che lavorano nella finanza in realtà fanno una vitaccia insoddisfacente e necessitano di “supporti chimici” per andare avanti. Come nella maggior parte delle sue pellicole anche in quest’ultima Verdone mostra doti di grande conoscitore, oltre che appassionato, di musica arrivando a scoprire un talento svedese come Thomas Feiner e affidandosi ancora una volta alla magia di David Sylvian e Ryuichi Sakamoto. “Io, Loro e Lara” è una commedia che riesce a far sorridere nonostante racconti problemi spinosi e controversi come l’immigrazione, e se il finale in qualche modo prova ad infondere speranza non elimina del tutto quel sapore amaro che dall’inizio del film sottolinea la penosa condizione in cui versa la società contemporanea.
Carlo, padre missionario tornato dall'Africa in Italia per superare una crisi di fede, è costretto dalle circostanze a confrontarsi con la disastrosa realtà familiare e a mettersi in gioco in quella che diventa in breve la sua nuova, momentanea, vocazione: rappacificare i vari componenti della sua strampalata famiglia. L'ultimo film di Verdone si dimostra una commedia fine che, caso raro nel panorama cinematografico nazionale, riesce a far ridere (almeno un po') senza mai cadere nel facile gioco della volgarità. Si dimostra interessante la capacità del regista di calare i problemi del nostro tempo (crisi personali e familiari, droga e prostituzione) in un contesto quotidiano in cui possono essere ridimensionati, ma non per questo banalizzati. Gli attori sono bravi e si dimostrano capaci di far rivivere, almeno in parte, la commedia all'italiana, ma i momenti d'oro che il nostro cinema ha vissuto nei decenni passati sono ancora lontani.
Un ispiratissimo Carlo Verdone ci regala uno dei suoi migliori film da molti anni a questa parte. Il suo istrionismo si unisce ad una marcata vena riflessiva, capace di puntare i riflettori sulla decadenza della società italiana, un regno caotico dove il lume della ragione sembra essersi spento del tutto. Solo un messagero del Signore reduce da un'esperienza esotica, lontano da tutto, anche dal delirio dell'odierna società, può capirne l'assurdità e cercare di ricondurre i suoi interlocutori a un barlume di razionalità. I suoi tragicomici tentativi cadranno nel vuoto, troppa la distanza tra una visione ideale e disincantata della vita e una frenetica e materialista. Un ottimo cast di caratteristi impreziosisce il film; tra questi una scatenata Laura Chiatti, che sconvolge il mondo convenzionale del prete, inducendolo a una crisi di coscienza, durante la quale sembra invaghirsi della graziosa fanciulla.
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