Partiamo da una premessa: durante la lettura di ‘Jade City’ vi sentirete obbligati a scegliere da che parte schierarvi, se con gli Zero Vette o con la Montagna; i due clan più potenti di Kekon, quelli che daranno il via a una guerra che rischia di mettere in ginocchio l’isola, non potrebbero essere più diversi tra loro, e, da lettrice, vi dico che sarete chiamati a scegliere, perché irrimediabilmente coinvolti nella vicenda. Comunque. Sì, mi è piaciuto. Molto. Appurato questo, preparatevi a delle risse da strada piuttosto violente, nelle quali questa giada della quale si è tanto parlato gioca un ruolo fondamentale, trasformando dei guerrieri esperti in arti marziali in delle armi che combattono secondo le Virtù Divine per difendere il proprio territorio. Scritta in terza persona multifocale, la narrazione di ‘Jade City’ salta da un personaggio all’altro, offrendo una visuale a 360° dell’intera vicenda, di ogni singolo punto di vista coinvolto in essa. Questo permette al lettore di conoscere i tanti personaggi che vivono la storia, protagonisti che ho amato nella loro unicità e diversità. Complimenti per il mondo in cui Fonda Lee ha inserito nel suo libro il problema della dipendenza dalla droga. Ci sono un paio di scenette hot, niente di esagerato – anzi, le ho trovate molto “on point” con il resto degli eventi; e alcuni passaggi un po’ macabri durante gli scontri tra i clan, ma anche questi li ho reputati realistici e necessari alla trama. Complessivamente, non ho nessuna critica da muovere e so benissimo che a un certo punto il parere oggettivo cessa di esistere e subentra quello soggettivo, ma ‘Jade City’ è scritto molto bene, la storia è accattivante e dinamica, i personaggi sono sfaccettati e stupendi (e anche un po’ teatrali, sì) e ho faticato ad abbandonare Kekon una volta conclusa la lettura, quindi mi dichiaro colpevole e soddisfatta.
