Un libro lieve e profondo allo stesso tempo.
Libera nos a Malo
Mosaico di episodi curiosi di un’infanzia nell’Italia fascista, di piccole epopee autobiografiche, di digressioni filologiche e di considerazioni ironiche sui precetti religiosi. Caleidoscopio di corse in bicicletta, amicizie, primi amori, primi contatti con la quotidianità della morte, "Libera nos a malo" è il romanzo di un paese. Coniugando partecipazione affettuosa, distacco ironico e rigorosa intelligenza, Meneghello ricrea la commedia umana della provincia veneta tra gli anni Venti del Novecento e il Dopoguerra, offrendo al lettore un mondo magico la cui protagonista assoluta è la lingua. Una lingua concreta e di una ricchezza straordinaria, che capovolge, smaschera e rivitalizza l’italiano ufficiale delle istituzioni e veicola ricordi – di suoni, di oggetti, di immagini – impressi dall’infanzia per sempre nella coscienza.
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Autore:
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Anno edizione:2006
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Formato:Tascabile
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Chiara 07 gennaio 2025Una riscoperta
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Serena 30 dicembre 2024Capolavoro
Un affresco commosso e nostalgico di un paesino del Nordest attraverso lo scorrere ininterrotto e apparentemente scollegato di ricordi e immagini che si susseguono ininterrotte, rievocate con tenerezza e ironia. Il tutto attraverso un gioco linguistico costante che attinge al dialetto locale e crea un pastiche originale e fuori dal tempo. L'autore doveva aver sentito il cambiamento della modernità e del progresso che incombeva minacciosa su quel mondo e ha deciso di donarcene un ritratto autentico e sincero, libera di ogni pregiudizio e rilettura inficiata e imprecisa del passato.
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Anche se datata, questa opera letteraria è , a mio parere, molto importante e significativa, non solo per l’utilizzo del dialetto che Meneghello fa ma anche per averci dato lo spaccato di un modo di vivere ormai irrimediabilmente scomparso. Non è propriamente un romanzo ma sembra quasi una rielaborazioni di ricordi, una autobiografia che non segue proprio un filo temporale classico ma salta, a seconda dell’accavallarsi dei percorsi che l’autore si propone e ci propone; il tutto condito da una sottile autoironia che man mano che vai avanti nella lettura ti conquista e ti affascina. Ho apprezzato in modo particolare la sua attenzione al ‘dialetto’, come prima lingua, quella con cui ti affacci al mondo, con cui impari a conoscerne i primi segnali, con cui ti rapporti con i tuoi amici e con chi ti circonda. Tu,infatti, prima cominci a pensare in dialetto, poi traduci nella lingua ufficiale, quell’italiano costruito ed imposto che non ha la spontaneità della tua lingua ‘madre’. Ed è proprio quello che è successo a me!!! E’ effettivamente un’altra cosa: quel dialetto che riscopri ritornando al tuo paese e parlando con i tuoi amici, che magari non vedi da 20 o 30 anni, all’improvviso crea un corto circuito dal quale gli altri sono esclusi. Tu ti senti una parte del luogo dove sei nato e degli amici con cui hai vissuto. Riaffiorano alla tua mente nelle parole cosi desuete ormai, dei ricordi e delle emozioni che si sono sedimentate nella tua memoria e nel tuo animo. L’altro punto importante che emerge dal libro e che mi ha colpito particolarmente è la descrizione del mondo di una volta, quello delle osterie, cui andavano tutti, delle botteghe aperte sulla strada, della mancanza di servizi igienici privati perché magari esistevano solo quelli in comune, delle donne che lavoravano più di tutti, del catechismo studiato a memoria magari a suon di sberle… leggendo queste cose mi giungevano gli echi dei ricordi di mio padre o di mia nonna. Nonostante il fatto che Meneghello abbia riportato vizi e virtù della la mentalità soprattutto periferica del Nord-Est, i concetti che lui esprime erano comunque ben radicate anche in altre parti d’Italia, come per esempio nel mio Nord ovest! E’ stato un tuffo nel passato inaspettato ed emozionante.
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