(Cahors, Quercy, 1496 - Torino 1544) poeta francese. Figlio di Jean M. Fu alle dipendenze di Margherita di Navarra e, dal 1527, segretario di Francesco I, che seguì in vari suoi spostamenti. Nutrì forti simpatie per le dottrine evangeliche e riformate; dopo aver pagato con la prigione (nel 1526 e 1527) il suo atteggiamento indipendente e anticonformista, nel 1535 fu costretto a rifugiarsi a Ferrara alla corte della duchessa Renata. Di lì riparò a Venezia, quindi rientrò in Francia nel 1536, ma nel 1542 fuggì a Ginevra e da qui a Torino, dove morì. Scrisse canzoni, elegie, egloghe, ballate, rondò, epigrammi ed epistole, perlopiù d’occasione, ancora legate agli schemi della poetica dei «grands rhétoriqueurs», ma aperte alla nuova corrente umanistica e rinascimentale. Introdusse in Francia il sonetto e lo strambotto. Malgrado la sua scarsa cultura letteraria, M. fu poeta vivamente originale. Raggiunse il successo con la sua pregevole e varia produzione leggera e satirica: le composizioni raccolte nell’Adolescenza clementina (Adolescence clémentine, 1532), poi il poemetto L’Inferno (L’Enfer, 1539), satira amara del mondo della giustizia, in cui rivelò una grande felicità ironica. La vena scherzosa e talvolta fintamente ingenua di M. maschera, in realtà, un profondo sentire e una robusta, vibrante moralità; vero titolo di gloria del poeta è infatti la traduzione in versi di una cinquantina di Salmi di Davide (Psaumes, 1543), notevoli per variata intensità lirica e profondità spirituale.