Poeta statunitense. Discendente di un'eminente famiglia bostoniana, Lowell compì i suoi studi al Kenyon College, dove fu discepolo di J. C. Ransom e amico di R. Jarrel, e poi presso la Louisiana State University, dove avrebbe frequentato C. Brooks e R. P. Warren.
La sua ribellione alla famiglia è forse il motore primo di molta della sua poesia.
Quello stesso impulso ribelle lo avrebbe condotto al carcere, scontato a causa della sua obiezione di coscienza durante la seconda guerra mondiale.
Negli anni Sessanta fu in prima linea per i diritti civili e si oppose alla guerra in Vietnam. Personalità complessa, tormentata, soffrì di disturbi nervosi e fu più volte ricoverato.
I suoi versi si caratterizzano per la continua tensione all'autoanalisi e per la loro capacità di coniugarvi la denuncia.
Esordì con Land of unlikeness (1944), seguito da Lord Weary's castle (1946), libro che gli valse il Pulitzer Prize.
La sua poesia assume spesso la forma di un monologo drammatico, come per esempio accade in The mills of Kavanaughs (1951), e traduce in immagini ricche di potenza simbolica l'esperienza personale. A partire dalla pubblicazione di Life studies, il poeta perviene a una più compiuta libertà formale e l'opera si carica di un contrappunto ironico che amplifica l'efficacia.
Con Imitations (1961), For the union dead (1964) e Near the ocean (1967), la sua ricerca trova una sintesi fra l'autobiografia e la storia, dimostrando un'accresciuta consapevolezza politica.
Tre raccolte sono apparse nel 1973: For Lizzie and Harriet, The dolphin e History. L'ultimo libro di versi risale al 1977 ed è intitolato Day by day, segue di un anno la pubblicazione del suo Selected poems.
La più ampia traduzione italiana delle poesie di Lowell è apparsa con il titolo Poesie 1940-70.
Lowell, che è stato sposato tre volte, è stato anche traduttore di testi teatrali.
A PROPOSITO DELLA VITA ACCADEMICA DI UN POETA (Da un'intervista rilasciata da Lowell all Paris Review nel 1961):
«L'insegnamento può rendere la poesia qualcosa di molto diverso, di meno accademico di quanto non sarebbe. Sono convinto che la scrittura non sia un mestiere, di cui basta imparare la tecnica per continuare a farlo. Deve venire da un impulso profondo, da un'ispirazione profonda. Non è una cosa che si può insegnare; non è ciò che si mette in gioco nell'insegnamento. Ma forse, insegnando, si andrebbe molto più lontano nella ricerca di questo obiettivo di quanto non si riuscirebbe se non lo facessimo.
Non lo so, davvero; forse l'insegnamento ti rende più cauto, più insicuro, ti fa scrivere meno. E ti rende più ardito nel momento in cui ti metti a scrivere.»
(tratto da The Paris Review. Interviste. Vol. 4)