(Bilbao 1864 - Salamanca 1936) scrittore e filosofo spagnolo.La vita Dopo aver compiuto gli studi secondari nella città natale, seguì a Madrid i corsi di lettere e filosofia (1880-84). Nel 1889 fece un viaggio in Francia e in Italia. In questo periodo cominciò a pubblicare i suoi primi scritti. Nel 1891 fu chiamato alla cattedra di lingua e letteratura greca dell’università di Salamanca. Nel 1901 fu nominato rettore, carica da cui fu destituito nel 1914 per la sua attività contro la monarchia. Dieci anni dopo fu confinato nelle Canarie, a Fuerteventura, a causa della sua opposizione alla dittatura di Primo de Rivera. Ciò provocò la protesta di illustri intellettuali europei, tra cui A. Einstein, R. Rolland e Th. Mann. Fuggì su una nave francese e andò a vivere il suo esilio a Parigi e poi a Hendaye, nei pressi del confine con la Spagna. Poco prima dell’avvento della seconda repubblica, nel 1930, tornò in patria e riprese il suo incarico di rettore, da cui fu destituito nei primi giorni della guerra civile in seguito a dissensi con i militari nazionalisti e i falangisti.U. è la personalità più vigorosa della «generazione del ’98» e quella che ha avuto maggiore ripercussione europea, soprattutto per certi elementi di dibattito sulla religiosità del nostro tempo e per la tensione intellettuale che anima la sua complessa opera letteraria. In Spagna ha avuto un influsso fecondo e importante, costituendo per molti un punto di riferimento in un’epoca disorientata e sconvolta.Il pensiero filosofico e l’opera saggistica Il pensiero filosofico di U. trova principalmente espressione, anche se in una forma non sistematica, spesso commisto con motivazioni e suggestioni letterarie, nei saggi (raccolti in 7 volumi, tra il 1916 e il 1918). I temi principali della sua meditazione sono di tipo irrazionalistico: l’ansia di immortalità che anima ogni individuo e ne determina la sua religiosità, la quale non coincide necessariamente con il cattolicesimo; la dottrina dell’uomo concreto («in carne e ossa»), con la sua singolarità e la sua solitudine, condizionato sì dalla vita circostante, ma in pari misura dal sentimento e dalla ragione; l’attenzione concessa ai motivi dell’espressione e della lingua, con la conseguenza che la filosofia vive più nei poeti che nella speculazione astratta; il senso dell’angoscia che tinge di amarezza e di conflittualità l’esistenza umana: tutti temi che collocano U. su una linea che anticipa il pensiero esistenzialista. Tra i suoi libri saggistici ricordiamo Intorno al tradizionalismo (En torno al casticismo, 1895); la Vita di Don Chisciotte e Sancio (Vida de don Quijote y Sancho, 1905), appassionato commento del personaggio cervantino, nel quale U. identificò un simbolo dell’essenza nazionale ispanica; Del sentimento tragico della vita (Del sentimiento trágico de la vida, 1913), la sua opera più importante dal punto di vista ideologico, imperniata sul tema dell’immortalità e del contrasto tra fede e ragione; Agonia del cristianesimo (Agonía del cristianismo, 1925), in cui si trovano i riflessi delle sue letture preferite: san Paolo, sant’Agostino, Pascal, Kierkegaard.La narrativa, la poesia, il teatro La narrativa di U. riflette, attraverso un certo suo pirandellismo, le medesime preoccupazioni dei saggi e ha caratteri di novità, che l’autore volle sottolineare applicando ai suoi romanzi il termine nívola (deformazione di novela): talora troppo discorsivi e sconnessi, essi contengono, di volta in volta, la storia di una passione o di una illusione. Dopo l’autobiografico Pace nella guerra (Paz en la guerra, 1897), sulla guerra civile carlista, U. diede in Nebbia (Niebla, 1914) il primo esempio di personaggio che si scopre come essere di finzione; in Abel Sánchez (1917) una figura-metafora dell’invidia; e in San Manuel Bueno (1933), la storia di un parroco che «credeva di non credere». Molto belli infine i suoi racconti lunghi raccolti in Tre novelle esemplari (Tres novelas ejemplares, 1920).Anche nel teatro U. diede un suo personalissimo contributo d’introspezione con Fedra (1910), L’altro (El otro, 1926) e Ombre di sogno (Sombras de sueño, 1926), sebbene le sue opere teatrali rivelino scarsa sensibilità scenica e povera struttura drammatica. Molto significativa, invece, l’opera poetica, la quale, pur con molti agganci con il simbolismo e il modernismo (che U. non amò), si snoda con accenti originali, profondi, spesso aspri ma sempre giustificati da un impavido scavo interiore, come dimostra, più che il Cristo di Velázquez (El Cristo de Velázquez, 1920) o il Romancero dell’esilio (Romancero del destierro, 1928), il lungo Canzoniere, Diario poetico (Cancionero, Diario poético), pubblicato postumo, nel 1955.