(Siena 1883 - Roma 1920) narratore italiano. Ebbe un’infanzia infelice: rimasto orfano di madre a dodici anni, soffrì di difficili rapporti con il padre e di una salute precaria. Fece studi discontinui: presto si dedicò alla letteratura collaborando ad alcune riviste. Debuttò con un volume di versi, La zampogna verde (1911), dai toni dannunziani, come anche la successiva raccolta La città della Vergine (1912). Qui si scorge traccia dell’incontro con lo scrittore cattolico D. Giuliotti: per suo influsso il giovane Federigo abbandonò le iniziali simpatie socialiste schierandosi sul fronte di una «reazione spirituale italiana», che si espresse nel quindicinale «La Torre», fondato, nel 1918, dai due amici. Lo stesso fervore religioso, con il desiderio di riscoprire il filone di una tradizione culturale toscana, animò alcuni libri di ricerca storica: Antologia di antichi scrittori senesi (1913), Mascherate e strambotti nella Congrega dei Rozzi a Siena (1915), Le cose più belle di santa Caterina da Siena (1918).Nel 1914 T. si trasferì a Roma, dove fu redattore del «Messaggero della domenica» ed ebbe contatti con G.A. Borgese e L. Pirandello. Gli anni successivi furono occupati dalla stesura e pubblicazione delle sue opere più mature, quelle che fanno di T. uno dei maggiori narratori del Novecento italiano. Nel 1919 uscì il suo primo romanzo, Con gli occhi chiusi (scritto nel 1913), dove la vicenda di un amore infelice e di una proprietà in rovina è narrata con modi verghiani ma con accentuazione delle tematiche psicologiche. Nel 1917 vide la luce Bestie (scritto nel 1913), affresco del mondo contadino toscano, di grande efficacia espressiva. Nel 1920-21 fu pubblicato Il podere (del 1918), opera in cui si può misurare tutta la distanza dal repertorio narrativo verista: il protagonista, Remigio, vive all’interno di una violenta società contadina ed è agitato da una tensione autodistruttiva che lo spinge a desiderare di spossessarsi dell’eredità paterna, della «roba»; in questo clima sinistro e angoscioso egli maturerà un delitto. Del 1920 è la pubblicazione delle novelle Giovani e L’amore e del romanzo Tre croci (anch’esso scritto nel ’18): storia, ambientata a Siena, della rovina economica di tre fratelli ossessionati dalle cambiali, in cui è evidente l’abbandono dell’analisi psicologica in favore di un crudo registro naturalistico, dal linguaggio preciso e spietato, che assimila moduli sintattici tipici della parlata toscana.Motivi autobiografici ritornano nell’ultima opera di T., Gli egoisti, pubblicata nel ’23: nel medesimo anno sarà edito anche il dramma L’incalco, che è il testo più importante fra le sedici commedie scritte da T. e raccolte in volume nel 1970 (Il teatro). Postumi anche il «romanzo epistolare» Novale (1925), che raccoglie le lettere alla futura moglie Emma Palagi del periodo 1902-03, 1906-08, i Ricordi di un impiegato (1927), memorie autobiografiche del breve periodo di lavoro presso le ferrovie, e il romanzo Adele (1979).L’opera di T. è una singolare riformulazione novecentesca di moduli narrativi ed espressivi del romanzo naturalista e realista, con echi di Verga e Zola e una forte incidenza di Dostoevskij, fusi da un’ansia analitica che accomuna la sua alle contemporanee esperienze di Svevo e Pirandello. Queste opposte tensioni del racconto trovano un efficacissimo strumento espressivo in un linguaggio che si libera presto di eccessive presenze dialettali per affermarsi come versione letteraria di una lingua parlata, nitida e violenta. L’attenzione della critica per questo singolare esponente della narrativa contemporanea fu presto sancita da un numero monografico della rivista «Solaria» (1930).