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Anno edizione: 2019
Anno edizione: 2016
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A cent'anni dalla nascita, l'opera poetica.
«Chi non ha mai scritto versi?... Anch'io, ad intervalli regolari, "ad ora incerta", ho ceduto alla spinta: a quanto pare, è inscritta nel nostro patrimonio genetico».
In realtà, il fare poesia non è stato in Primo Levi un'attività marginale o minore; egli stesso ci racconta come, scampato al Lager, gli fosse venuto spontaneo fissare la tragedia di Auschwitz nei versi che poi avrebbero aperto «Se questo è un uomo». Nei testi poetici raccolti in questo volume ritroviamo, come ha osservato Giovanni Raboni, «lo stesso acume morale, la stessa forza di memoria, ammonimento e pietà che rendono sostanziosa, così giusta, così naturalmente memorabile la sua prosa».
Indice
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Con l'umiltà che lo ha sempre contraddistinto, Primo Levi ammise che fare poesia non gli riusciva molto bene, a differenza di molti suoi colleghi. Invece, leggendone i versi, non si può non notare l'immensa forza che essi racchiudono e l'immensa potenza del non voler arrendersi a un atroce destino. Le poesie della raccolta "Ad ora incerta" ci mostrano un uomo che affida alla Poesia la testimonianza dell'orrore vissuto ma che sono anche un duro monito per le generazioni future, affinché l'umanità eviti di girarsi dall'altra parte, evitandone così il ripetersi nella storia.
"Ad ora incerta", come dice P. Levi, è la locazione temporale astratta nella quale le persone, a sua detta, sono propense a scrivere versi, in quanto da sempre, prima addirittura della prosa, strumento spontaneo degli uomini a definire se stessi e l'attorno. Levi preme inoltre a precisare che quello che intende mostrare non si tratta di una volontà meditata di ergersi come poeta, ma semplice sospiro, stimolo, protratto da un più profondo zelo di spandersi dalla razionalità e provare qualcosa che questa anzi considera "innaturale". E così che avanziamo in un Levi poco narrato dalla critica letteraria, e che sta rinascendo solo nell'ultimo periodo: lo stile, tipico di un principiante, comunque non arresta la passione e l'animo che detiene, e affigge contenuti affascinanti, che fanno della sua silloge una testimonianza nuova, benché non ricercata, della poesia italiana, atipica dalle correnti del suo tempo e dunque, come una bolla, sigillata nel tempo e custodita sino a noi. Un testamento che si discosta dai romanzi celebri dell'autore, ma che non di meno rinvengono un uomo umile, strappato dalla "normalità" per essere testimone della sofferenza umana, gravo che influenzerà tragicamente nella sua esistenza. Sottile e intellegibile come una qualunque silloge moderna, è un'esperienza utile a diversificare gli aspetti degli scrittori studiati a scuola, per poterli così umanizzare e comprendere appieno. Consigliato.
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