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"Siamo quel che mangiamo" è una frase di un famoso filosofo talmente usata ed abusata da diventare una frase fatta. Nel caso di Alex Kapranos, o meglio a giudicare dalle opere dei Franz Ferdinand, gruppo rock di Glasgow dalle sonorità fresche e caleidoscopiche, appare una curiosità affamata per le diversità del mondo; curiosità in parte spiegata e raccontata in questo libro. Esperienze globali di cibo, che sono ovviamente anche di viaggio, dentro e fuori ai tour "minimo sindacale" di ogni grande band contemporanea sulla cresta dell'onda che si rispetti. Bello leggere delle esperienze di Kapranos; ma molto spesso, alla fine della narrazione di ogni avventura, rimane la voglia di voler approfondire, capire e confrontare. E quindi, di uscire da questo diario enogastronomico di viaggio. A (s)proposito, il filosofo era Ludwig Feuerbach.
"Mangiare è un'avventura" sostiene a gran voce Alex Kapranos, leader dell'acclamato gruppo Franz Ferdinand. Una definizione che la nostra società tende a minimizzare, alcuni aspetti si danno per scontati e altri, per comodità ed abitudine, siamo inclini a non vederli, ma non si può negare la veridicità di tale considerazione. Nel mondo del consumo, il cibo si relega, sempre più, ad un gesto di routine, senza più riservare i giusti onori al suddetto privilegio o condirlo con il brivido naive che dovrebbe precedere un atto così imprevedibile. Effettivamente, chi ha la certezza degli esiti di ciò che mangiamo? Avete mai pensato a cosa porta, dentro di noi, questo semplice atto (fosse anche la medesima pietanza ma gustata in ore diverse)?. A ribaltare le sorti e dar credito a questo motto, ci pensa un volumetto edito da ”Fusi Orari” – ”Internazionale”, scritto dallo stesso Kapranos, proponendo in Italia quella che è stata la vincente idea del quotidiano londinese “Guardian”, in cui il cantante anglo-greco pubblica periodicamente le sue gastro-avventure in giro per il globo. Non un asettico ricettario cosmopolita, ma un'immersione nel recente tour mondiale attraverso le vettovaglie, in cui l'autore fa emergere la sua predisposizione alla sfida culinaria mediante un raccontare al limite tra un diario e un'ufficiosa critica gastronomica con ragion d'essere. Kapranos, infatti, prima di scalare le classifiche di ogni angolo della Terra con i suoi dischi, ha lavorato in molteplici campi per diversi ristoranti, quindi da buon gourmet per esperienza e vocazione, vede il cibo sotto occhi diversi, quasi come se ogni piatto, nel giusto momento e contesto, caratterizzasse una precisa situazione. Un libro che scorre tutto d'un fiato, capace di trasportarti con la sua coinvolgente colloquialità forbita ma senza riverenze, nell'universo che circonda il suo autore, come se si potesse percepire l'istante in un è stato pensato, rendendoti partecipe fino a far udire il rumore della propria sedia spostata per unirci al banchetto. Non si può negare che non c'è occasione migliore di un tour mondiale con i suoi viaggi, orari sfasati (soprattutto quelli del rifocillamento) per mettere a dura prova le papille gustative, ma benché le sperimentazioni rock'n'roll siano le maggiori fonti di ispirazione, emergono anche aspetti meno mitizzati della vita in una tournèe così intensa o lati inediti ed informali di Kapranos e co. Scorrono pranzi a Malibu dai tratti hitchcockiani o pericolosi ingerimenti di fugu (pesce palla, una porzione su cento è mortale n.d.a.) ad Osaka, passando dalle criadillas dette anche ostriche di montagna (o testicoli di toro n.d.a.) che lasciano il sapore del sesso orale in bocca, fino ad una tardiva cena a base di sole brioche al festival “T in the park” di Kinross, perché infondo è una rockstar, può fare i “capricci”. Un'avida lettura adatta non solo ai fans del gruppo, ma anche a chi vuole passare qualche ora in compagnia alle ironiche, irriverenti, puntigliose e personali visioni sull'arte del mangiare di una delle punte del pop britannico, ripercorrendo pagina dopo pagina le tappe gastronomiche salienti del tour. 166 pagine da assaporare in ogni suo dettaglio, impreziosite dalle illustrazioni sghembe di Andrew Knowles ed un'appendice finale indispensabile, ovvero tutti gli indirizzi ed informazioni utili dei luoghi che hanno fatto da scenario ai suoi ristori. Da non perdere.
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