termine indicante in origine, presso i latini, la poesia solenne a carattere rituale o propiziatorio (Carmen arvale, Carmen saliare); successivamente, già presso i latini e in epoca moderna, il termine designò componimenti poetici dei generi più vari: celebrativi o didascalici, moraleggianti o epici, lirici o pastorali.I romani chiamavano carmina convivalia i canti intonati durante i banchetti e carmina triumphalia quelli improvvisati per il trionfo di un condottiero. Nel medioevo furono chiamati carmina poemi di argomento storico o guerresco, come il Carmen de Adelardo episcopo, sulla morte di Ludovico e di Carlo il Calvo, il Carmen de bello mediolanensium, sulla guerra tra Milano e Como nel 1118, il Carmen de bello saxonico, sulla lotta di Enrico IV contro i sassoni, il Carmen in victoria pisanorum, sulle vittorie di Pisa contro alcune città africane nel 1088. Ma neppure nel medioevo il termine indicò un solo genere, essendo applicato indifferentemente al canto goliardico (Carmina burana) e a raccolte di poesie sacre e profane (Carmina cantabrigiensa, 1050 ca). Da Petrarca a Pascoli si chiamarono carmina i componimenti in lingua latina; solo Foscolo ripristinò il significato originario di poesia solenne e celebrativa, intitolando «carme» i suoi Sepolcri.